Per inaugurare la campagna presidenziale di Donald Trump, che ormai ha vinto le sue primarie, il New York Times ha pubblicato una circostanziata disamina dell'atteggiamento del candidato repubblicano nei confronti delle donne. Che è – chi l'avrebbe mai immaginato – lo stesso di molti maschi (mica tutti anziani) di mia conoscenza: disinteressati alle «fregnacce femministe» e convinti che un complimento al – santi numi – «davanzale» sia il riconoscimento più lusinghiero che ci sia, ma in fondo poi mica cattivi. 

Dallo stesso articolo, peraltro, emerge che Trump non solo preferisce trattare da erede prediletta la figlia Ivanka, ma ha pure offerto alle donne negli anni Ottanta opportunità professionali inimmaginabili in altre compagnie. Per un paio di ragioni, tutte sbagliate: le femmine lavorano il doppio «per dimostrarsi all'altezza», e la loro avvenenza è la misura più scenografica del suo successo. Ma mica vi vorrete sempre lamentare. 

E la potenza elettorale di Trump è tale che il leader del suo partito ha potuto commentare l'articolo usando solo la verità: è tutto molto disdicevole, per fortuna alla gente non importa un fico secco.