La mattina del giorno in cui Woody Allen inaugurava il festival di Cannes con Café Society, sull'Hollywood Reporter è uscito un editoriale in cui il figlio, Ronan Farrow, ribadiva l'accusa di molestie della sorella Dylan, e denunciava esplicitamente le responsabilità collaterali di stampa e industria: tutti troppo occupati a mantenere buoni rapporti con la provincia di star system governata da Woody Allen per rischiare di innervosirlo con osservazioni sgradite. 

Di conseguenza, prima della proiezione, l'attore Laurent Lafitte ha ringraziato il regista «per aver girato così tanti film in Europa anche senza essere stato condannato per stupro in America». 

Allen ha incassato con collaudata grazia: «Sono un comico, sono convinto si possa scherzare su tutto. Ci vuole molto di più per offendermi». Blake Lively (che recita nel film) si è invece sentita in dovere di prenderla peggio, ché «negli anni Quaranta queste cose non succedevano» – il che può senz'altro essere, cucciolotta: negli anni Quaranta le donne non avevano neanche diritto a un'opinione. 

Il giorno dopo, durante un pranzo con la stampa cui i corrispondenti dell'Hollywood Reporter però non sono stati invitati, alle domande prevedibilmente poste, Woody Allen ha prevedibilmente fornito un campionario di risposte inutili: non legge mai quello che scrivono di lui, sull'argomento ha già detto quello che doveva dire. 

La ragione per cui nessuno gli fa le domande difficili è che Woody Allen conosce tutte le risposte: più una questione di noia che di paura.