Una domenica di primavera, Silvio Muccino ha trovato opportuno farsi intervistare da Massimo Giletti. Noi con inveterata vocazione a farci i fatti degli altri ci aspettavamo rispondesse alle scuse che il fratello molto maggiore Gabriele – prima pigmalione, poi arcinemico – aveva pubblicamente presentato a Carla Vangelista pochi giorni prima, ritirando le vecchie accuse di plagio, ridefinite per l'occasione «improprie esternazioni delle mie opinioni, nelle quali attribuivo a Carla la responsabilità dell'allontanamento di Silvio da me e dalla mia famiglia».

Nella tv che pensavamo di meritare, di sottofondo alla pennichella, stava per andare in onda una carrambata di riconciliazione, o quantomeno la risoluzione pacifica di una causa di diffamazione.

Invece Silvio Muccino ha scoperchiato trame da soap opera inaudite. «Un'estate eravamo tutti nella casa di campagna di Gabriele. A un certo punto lui si è innervosito, ed è andato in camera da Elena (Majoni, violinista, moglie di Gabriele dal 2002 al 2006, ndr). Quando mi sono alzato per vedere cosa succedeva, l'ho vista uscire con una mano sull'orecchio, le lacrime agli occhi. Non sentiva più nulla: uno schiaffo le aveva perforato un timpano».

Ma «per perbenismo, per ipocrisia, per tutela del clan familiare e dell'immagine pubblica dei Muccino, e per via dei sensi di colpa e dei ricatti morali con cui sono stato cresciuto» (dall'elenco secco di alibi e ragioni è evidente che l'episodio è stato a lungo professionalmente sviscerato) davanti al pm Silvio è stato «indotto a mentire». 

Dieci anni dopo, di pomeriggio su Rai1, il Muccino minore ha perciò deciso di assumersi le sue responsabilità, e ritrattare la falsa testimonianza: «Scelsi la mia famiglia anziché la verità, e non me lo sono mai perdonato». Gabriele, con ritrovata sobrietà, ha (non) commentato le dichiarazioni del fratello postando su Facebook e su Twitter immagini di svitati. 

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Quel che resta da sapere sugli affari di famiglia verrà dipanato, probabilmente, in tribunale. O su qualche social network, se siamo fortunate.