Cara Hillary,

anche questa è passata.

Mercoledì scorso c'è stato il terzo dibattito – l'ultimo, piuttosto feroce ma non particolarmente decisivo – e in molti stati si vota già da qualche settimana, ché lì siete creature meno impressionabili e non vi serve il silenzio elettorale. Addirittura potete votare per lettera: un commovente atto di fede nel sistema (io a stento riuscivo a farmi rimborsare il biglietto del treno, quando facevo la studentessa fuori sede).

Sembra ieri che annunciavi la candidatura con un video su YouTube, invece era l'aprile del 2015. Volevi sembrare una capace di maneggiare la modernità, e mica lo so se ha funzionato. Di certo, però, sei riuscita a far appassionare di politica – estera! – una generazione di pettegole sufficientemente arzille da seguirti su Twitter, ma pure abbastanza attempate da ricordare con affetto Ivana Trump. Chissà quando ci ricapiterà un'elezione presidenziale con People tra le fonti autorevoli.

La campagna elettorale è ormai finita e Trump, già in svantaggio nei sondaggi, ha commesso un grave errore. Sarà Hillary a vincere e diventare presidente?pinterest
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Sono stati 18 mesi lunghi, ed estremamente educativi. Per dire: in tre pratiche lezioni hai insegnato a Donald Trump a gestire un dibattito. È vero: lui ha la curva di apprendimento di un bambino di due anni – non tutti i disturbi narcisistici della personalità vengono per nuocere – ma tu sei stata un esempio formidabile: l'altra sera a Las Vegas è sembrato pacato, concentrato, efficace. Insomma: quasi presidenziale. E per interi quarti d'ora. Un paio, poi ha ricominciato con gli sbuffi e le sparate.

E per fortuna. Perché c'è un'altra cosa che ho capito in questi ultimi giorni di campagna elettorale – quelli delle "sorprese di ottobre", le armi fine-di-mondo della propaganda – in cui tutti avrebbero demolito i contenuti della tua posta trafugata dagli hacker russi (non è romantico?) se non fossero stati già impegnati a collezionare denunce di donne molestate da Trump. Ho capito che non serve essere buoni, Hillary, per uscirne con decoro. Quello che conta è essere un po' meno cattivi.

Adesso però basta. Per vincere bisogna soprattutto capire quando smettere di rilanciare. L'errore imperdonabile di Trump – più del razzismo, più dell'evasione, più delle (capirai) molestie – è stato minacciare di non voler accettare il risultato elettorale. Mica per via della fiducia degli americani nelle istituzioni, figuriamoci. È che ci sentiamo tutti come prima dell'ultima puntata di Lost, la serie tv dei naufraghi sull'isola. Abbiamo seguito l'arzigogolo delle vicende ben oltre il confine della credibilità: vogliamo un finale. Uno qualunque, purché non se ne parli più.