Un ex ufficiale del Kgb che piace da impazzire a tutte le destre d'Occidente. È Vladimir Putin, il leader della più grande «democratura» del mondo, neologismo che indica gli Stati autoritari dove la democrazia è la facciata, la dittatura la sostanza. La Russia spadroneggia in Medio Oriente: ad Aleppo, al fianco di Assad, bombarda i ribelli facendo strage della popolazione civile, mentre la sua intelligence sorveglia da vicino l'offensiva contro Mosul, la capitale del califfato nero dell'Isis in Iraq. 

Fra i capi sulla scena, non ce n'è uno come Putin. Obama incarna la figura del presidente riluttante, contrario a ogni avventurismo bellico. Quanto ai presidenti europei, non si può certo dire che la Merkel, Hollande o Juncker abbiano un'immagine tonica e volitiva. In aggiunta, hanno un'opinione pubblica e dei parlamenti ai quali rendere conto. Lo Zar no, e per questo sta vivendo il suo momento d'oro. 

Mentre in Medio Oriente i suoi jet bombardano città e ospedali, hacker professionisti addestrati a Mosca sono riusciti a svelare le mail segrete
di Hillary Clinton al fine di screditarla agli occhi degli elettori americani e avvantaggiare Donald Trump, amico
del Cremlino. Nel frattempo, in Siria sono morti sotto le bombe 5.200 bambini e nessuno sa come fermare il massacro. 

Putin appare sempre più il padrone del vapore, colui che distribuisce le carte. Sa bene che nell'Europa impaurita dalle ritorsioni energetiche nessuno avrà il coraggio di realizzare un vero embargo contro Mosca. E che le democrazie, oggi, trascorrono la maggior parte del tempo amleticamente davanti allo specchio. Sarà lo Zar la grande sfida per Hillary Clinton, se conquisterà la Casa Bianca.