Forse il problema è che crediamo di dover trovare criteri moderni per valutare fenomeni antichi. Mi è venuto in mente la settimana scorsa, guardando Yasmin Le Bon sulla copertina di Gioia!. Chiunque abbia l'età giusta per essere stata fan dei Duran Duran se lo ricorda: Simon la scelse come da un catalogo. Vide una foto e disse: mi piace questa. Gli organizzarono un incontro: nell'epoca in cui non esisteva Tinder, se eri la popstar del momento c'era qualcuno disposto a trovarti il numero di telefono d'una modella da copertina.

Ear, Nose, Mouth, Lip, Smile, Hairstyle, Earrings, Skin, Chin, Forehead, pinterest
Getty Images
Simon Le Bon in una foto giovanile.

Pensate cosa commenteremmo se, oggi, un personaggio pubblico dicesse d'aver selezionato quella con cui uscire da un catalogo di bellocce. Nel più blando dei casi si prenderebbe del superficiale; di media lo liquideremmo come uno che considera le donne degli oggetti decorativi; e qualche commentatrice particolarmente smaniosa di farsi notare sparandola grossa riuscirebbe persino a indicarlo come responsabile del tasso di femminicidi.

Chissà se sarebbe mai diventato un matrimonio riuscito, in questi anni qui; se la storia di come l'aveva scelta lui l'avesse raccontata nell'epoca in cui azioni e dichiarazioni vengono dissezionate da chiunque abbia uno smartphone. Per loro fortuna era il Novecento: Simon e Yasmin stanno insieme da tre decenni e hanno avuto tre figlie; senza sapere niente del loro legame, azzardo che non si duri così a lungo solo perché lei era caruccia in copertina e lui carismatico sul palco. 

Il capodanno novecentesco in cui i ladri entrarono nella nostra suite, in un albergo in Costa Azzurra,
e rubarono i gioielli di mia madre, non esistevano le geolocalizzazioni, gli smartphone, i like. Semplicemente, un ladro che sapesse fare il proprio mestiere dava per scontato che a capodanno gli ospiti delle camere d'albergo fossero fuori e che la gente che pagava così tanti soldi per una stanza in un hotel fosse gente che viaggiava con roba di valore. Nessuno disse a mia madre che probabilmente i ladri sapevano dov'era perché aveva messo un video su Snapchat, come ha più o meno detto la polizia dopo che Kim Kardashian è stata aggredita e rapinata nella sua suite a Parigi. Non ho letto neanche un articolo che facesse la domanda giusta alla polizia parigina: ma davvero siete così fessi da pensare che, in mancanza di suoi autoscatti,
la presenza di Kim Kardashian
alle sfilate parigine sarebbe passata inosservata? 

Il New York Magazine ha paragonato l'impicciarsi dell'identità di Elena Ferrante e la rapina di Kim Kardashian: donne alle quali viene fatta una qualche forma di violenza e poi viene pure detto che se la sono cercata. In effetti, secondo il giornalista che ha ritenuto prioritario informare il mondo delle transazioni bancarie di Anita Raja e della deduzione che fosse quindi lei la Ferrante, è lei che l'ha provocato. In La frantumaglia, ha spiegato stizzito, s'inventa un'identità che non è quella reale, un'autobiografia posticcia: mente ai lettori, puntesclamativo. Ma tu pensa. Romanzieri
che mentono ai lettori. Che roba scandalosa, mai sentita, inaccettabile. E io che credevo si diventasse romanzieri per dire la noiosa verità, tutta la verbosa verità, nient'altro che la stucchevole verità. E io che credevo di farla franca coi miei ricordi di Simon e Yasmin: presto un'inchiesta svelerà che ero fan degli Spandau Ballet