Ormai è un modulo anche un po' consunto: celebrità stigmatizza i commentatori dell'Internet che sono cattivi (è il modo comunicativamente efficace per dire "imbecilli" senza innervosire le platee: siamo tutti pronti a stigmatizzare la cattiveria, mentre le accuse di scemenza inciampano spesso nelle nostre code di paglia). L'ultima è stata Lena Dunham, spiegando che del proprio account di Twitter non ha neanche più la password: era stufa di leggere gente che le dava della cicciona; se vuole twittare qualcosa lo detta all'assistente, e non legge le risposte che le arrivano.

Accantoniamo per un attimo la specifica forma di scemenza per cui ad alcuni soggetti, al di fuori di un concorso di bellezza, «sei grassa» (o altra stroncatura estetica) appare come un espediente dialettico sensato. E occupiamoci invece di: chi è questa gente? Voi conoscete qualcuno che si prenda il disturbo di scrivere a una persona che non ha mai incontrato che la disprezza per questo e quel motivo? Esistono davvero?

Gigi Hadid, übermodella dotata di fianchi, la settimana scorsa ha scritto su Instagram un pensierino rivolto a quelli che la insultano. C'era un elemento abituale: ogni celebrità che dice di fare un discorso generale sull'odio in Rete, e di preoccuparsi soprattutto delle ragazzine che leggono e poi magari smettono di mangiare, in realtà vuole innanzitutto rimarcare di non essere grassa; il modo di Gigi di farcelo capire è stato buttar lì: «Porto la taglia-campionario», cioè una 40 scarsa. Ma il dettaglio illuminante era un altro.

«I vostri commenti feroci non cambiano l'opinione che gli stilisti hanno di me». Cioè: non c'è uno stilista che, a causa dello spernacchiamento proveniente dall'Internet, rinunci a Gigi Hadid per una campagna (o a vestire Lena Dunham per un red carpet). Lo spernacchiamento di quelli dell'Internet interessa solo a quelli dell'Internet (e torna utile alle spernacchiate per ottenere qualche copertina facendo le vittime, ma in realtà neanche a loro frega granché: «Sull'Internet mi hanno detto che sono grassa» non è esattamente un presupposto per mettersi a piangere).

Negli stessi giorni, Robert Pattinson ha raccontato d'aver scommesso (e vinto) col padre circa l'ipotesi che, sotto il video del funerale di Nelson Mandela su YouTube, il primo commento fosse razzista (d'altra parte a Mandela era difficile dare della cicciona: bisognava trovare nuove forme per la propria annoiata ostilità). Concludeva Pattinson che non si tratta di gente normale: «Non ho mai conosciuto nessuno che abbia lasciato un commento». Lo so, viene il sospetto che gli stroncatori da tastiera non siano umani. E invece, altroché: sono quelli che, se t'incontrano, sono più emozionati nel chiederti un autografo.


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