Nei telefilm americani, dove c'è sempre un alcolizzato redento, se hai un fidanzato cattivo del modello standard – quello dal quale continui a tornare sperando che questa volta sia diverso – a un certo punto qualcuno pratico di Alcolisti anonimi ti dice che la loro definizione di follia è rifare la stessa cosa sperando che il risultato cambi. Interpretazione che vale anche per l'unico modello di fidanzato cattivo rimastomi nella vita adulta.

Da piccole siamo tutte piene di fidanzati cattivi, per una ragione semplice: abbiamo tempo libero. Non siamo distratte da mille minuzie che c'impediscono di concentrarci sulla nostra vita sentimentale. Se uno non chiama, è un dramma. Da grandi, se uno non chiama, tra un rubinetto che perde e un 730 da pagare è praticamente impossibile che ce ne accorgiamo. Il poverino investe tutta la sua strategia seduttiva nel non chiamare, certo che così ci farà disperare e ci conquisterà, e noi siamo impegnate a capire quale sia la farmacia di turno e a trovare qualcuno che ci consegni l'acqua a casa perché c'è l'ascensore rotto.

Da grande, l'unico fidanzato cattivo che ancora riesca a tormentarmi, a farmi commettere gli stessi errori, a farmi soffrire, l'unico è uno che non so neanche come si chiami. Ma so che disegna le scarpe di Lanvin. Se non siete pratiche, lasciate che vi descriva i vestiti di Lanvin: sono un'estasi. Morbidi, comodi, tagliati per farti sembrare fighissima anche quando a luglio non hai ancora smaltito il panettone. Avete presente quegli abiti rigidi e scomodissimi per cui ha un debole Victoria Beckham? Ecco: il contrario. E le borse: in una pelleche sembra di neonato, morbidissima e leggerissima, mica come quelli che fanno borse che son già pesanti da vuote.

Evidentemente negli uffici di Lanvin sanno che se ce la rendono troppo semplice ci disinnamoriamo, quindi l'Uomo degli accessori, che non ha un nome ma ha un posto fisso nei miei tormenti, ha tenuto da parte il sadismo per le scarpe, che ogni volta mi fanno giurare: «Mai più». L'avevo promesso un paio d'anni fa, chiamando un taxi a seicento metri da casa: quei tacchi larghi che promettevano gran comodità si erano rivelati gravemente incamminabili.

L'Uomo degli accessori ha tenuto da parte il sadismo per le scarpe, che ogni volta mi fanno giurare: «Mai più»

Ci sono ricascata, per l'estate 2015. Zeppe quasi piatte, strisce di seta: questi sandali devono essere comodi per forza, no? E invece l'Uomo degli accessori, sottile nel suo sadismo, ha cucito le strisce di seta con qualcosa di molto simile al fil di ferro. Sono il primo caso di atea con le stimmate sul collo del piede. Giurerò «mai più» per qualche mese, poi ci ricascherò. Finché un giorno il sadico cambierà lavoro, al suo posto arriverà qualcuno che fa scarpe comode, e succederà come succede sempre quando le cose si fanno troppo semplici: l'amore passa.