C'è Noah, uno scrittore invenduto sposato con la figlia di un romanziere di successo. C'è Alison, che fa la cameriera, ha un marito, vive in un posto di mare e accudisce la propria disperata infelicità: suo figlio è morto affogato quando aveva due anni. C'è quella che doveva essere una relazione estiva ma – altrimenti non esisterebbe la serie televisiva – diventa il detonatore per quattro vite. Di The affair, che qui in Italia Sky Atlantic comincia a trasmettere il 7 settembre 2016, a Los Angeles stanno girando la terza e ultima stagione. Quella in cui, chissà come, si chiuderanno i cerchi. 

Cerchi che non corrispondono mai: ogni puntata narra lo stesso pezzetto di storia da due punti di vista. Nella prima stagione sono quelli di Noah e Alison, nella seconda arriveranno anche Cole (il marito di Alison, interpretato da un Joshua Jackson così figo che bisogna sforzarsi di ricordarsi che il tradimento non è meritocratico) e la moglie cornuta, Helen (Maura Tierney, che per il ruolo è candidata all'Emmy e ha già vinto il Globe). Ah: c'è anche un cadavere. Fin dall'inizio, vediamo Alison (Ruth Wilson) e Noah (Dominic West) interrogati da un poliziotto. Ma, per tutta la prima stagione, non ci viene svelato chi sia morto, e se il cadavere sia un monito morale: questo è quel che succede a essere adulteri.

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Una scena della serie tv The affair.

Che la morale americana sia severa con gli adulteri è stato fin dal principio evidente nelle critiche a The affair, scandalizzate come mai erano state, per far solo un esempio, per le torture in Homeland. Sembra che per gli intellettuali americani il waterboarding sia più accettabile che andare a letto con una che non è tua moglie. Chiedo a Sarah Treem, autrice di The affair, se la mia impressione della condanna americana dell'adulterio come infrazione imperdonabile sia giusta. Lei ride. «Credo che non solo sia così, ma che lo sia in misura maggiore di quanto si noti guardandoci dall'esterno. D'altra parte è per quello che mi sembrava una storia che valesse la pena raccontare». 

Sarah Treem, coautrice della serie.pinterest
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 Sarah Treem, coautrice della serie tv The affair.

In Europa siamo più realisti: gli americani al primo tradimento divorziano, gli italiani lo considerano parte del pacchetto. 

Non sono in grado di confrontare, non conosco abbastanza l'Europa, ma per quanto riguarda l'America credo c'entri la religione, il nostro essere un Paese puritano, la convinzione che i valori familiari siano fondativi, imprescindibili. Se segue la nostra politica se ne sarà accorta. 

E infatti a Hillary ancora rinfacciano le corna di vent'anni fa, no? 

Sì, e nel frattempo Donald Trump ha cambiato tre mogli. Hillary Clinton è un esempio del nostro puritanesimo portato all'estremo: mica ha tradito lei, ma la riteniamo responsabile delle azioni di suo marito. 

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Maura Tierney, a sinistra, che per questo ruolo ha vinto un Golden globe.

Si potrebbe dire che Trump pratica la via americana al matrimonio, la monogamia seriale, e Hillary quella europea. 

Che poi in un matrimonio ci sono, mediamente, ben altre cose da perdonare rispetto all'adulterio. Ho notato che i più rigidi rispetto alle regole, i più convinti che un tradimento non si possa e non si debba perdonare, sono i giovani, è quasi un atteggiamento culturale, un rifiuto di scendere a compromessi. 

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Joshua Jackson in The affair.

In fondo quello della serie non è un affair: resta clandestino per poco, è un secondo matrimonio.

È la storia delle conseguenze di un affair. Gli americani hanno bisogno di pensare i loro rapporti di coppia come luoghi di integrità morale, e invece cosa succede se quest'integrità non c'è? È la storia di come Noah sia del tutto incapace di portare avanti un rapporto, di amare. Però sì, la storia non è quella di un affair, l'affair è solo il trauma che cambia per sempre le dinamiche tra di loro, è una reazione: quando tradisci stai sempre reagendo alla relazione che già hai. 

Noah è faticosissimo da guardare: uno scrittore più ambizioso che talentuoso, che tradisce la moglie per invidia delle vendite del suocero. Pensi tutto il tempo: mica sarò così anch'io. 

È il mio personaggio preferito. 

È il più detestabile dei personaggi, sono certa che lo sappia. 

È proprio quello il bello.