Quando il Sessantotto arrivò, mandando gambe all'aria ragioni e convinzioni, mettendo a soqquadro l'intera società, io non c'ero. Mancai l'appello per un soffio, essendo nata nel '69, e non potendo in ogni caso cavalcare, data l'età, la grande onda della contestazione che come una scossa attraversava il mondo - da San Francisco a Praga, dalla Sorbonne alla Statale, passando per Pechino - con un effetto domino di magnitudo 10. Però la rivoluzione era nell'aria, bastava mettere il naso all'insù per sentirne l'odore. Era nel cestino della merenda all'asilo (in forma di tortine 100 per cento olio di palma, ottimo salvavita e salvatempo per mamme indaffarate già predisposte all'autocoscienza), nei gonnelloni delle sorelle maggiori, nelle notizie dei tiggì, nelle canzoni alla radio (Beatles, Doors, Rolling Stones, Bob Dylan, Janis Joplin, Jimi Hendrix: il meglio della musica è nato in quegli anni).

Tutto venne rimesso in discussione: lo Stato, l'istruzione, la politica, il senso del pudore, la famiglia, il sesso, l'insopportabile principio d'autorità. Gli hippie negli Usa marciavano contro la guerra del Vietnam, i neri rivendicavano pari diritti, gli studenti zero privilegi e voto politico nelle università, gli operai salari più alti, le ragazze superamento della messa in piega e abolizione della verginità. In Cecoslovacchia si lottava per la libertà di espressione, a Parigi per la liberalizzazione dei costumi e la fine del perbenismo borghese con look e modi da resistenza gauche caviar (i contestatori del maggio francese, se guardate le foto come quella di apertura di questo articolo, sono in assoluto i più charmant).

Il seme portato da quel vento che soffiava scamiciato è arrivato fino a noi

Mai nella storia tante battaglie sono state combattute tutte insieme, producendo slogan a ritmo di hashtag, inventando mode, rilanciando utopie, facendo germogliare l'illusione che un mondo nuovo fosse possibile -più giusto, più libero, più fantasioso - e che non fosse solo un'illusione ma un progetto vero e realizzabile. Le cose poi sono andate in altro modo, ma il seme portato da quel vento che soffiava scamiciato è arrivato fino a noi. Gettando, al netto di tante derive sovversive di matrice armata, le basi su cui abbiamo costruito l'impalcatura del vivere civile: tutti i diritti acquisiti negli ultimi 50 anni sono partiti da lì. Come ci raccontano Mario Capanna e Lidia Ravera, testimoni oculari e molto attivi di quegli anni magici, nel primo numero di Gioia! del 2018 che celebra l'anniversario dell'era flower power.

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Chicago, 1968: una ragazza offre una rosa alla polizia militare come gesto di pace.

Operazione nostalgia? Tutt'altro. Abbiamo buttato un occhio indietro per imparare a guardare lontano. Per riappropriarci di tutto quell'estro immaginifico e sovversivo così da darci slancio e continuare la strada. Solo pensando che tutto è possibile le cose succedono davvero. E non basta dirle soltanto, bisogna farle, in prima persona, senza aspettare che qualcuno si muova. Abbiamo immaginato 12 nuove rivoluzioni possibili da prendere in mano e portare lontano: a volte seguendo l'esempio di chi ha già cominciato a darsi da fare, altre ipotizzando scenari nuovi o rispolverando vecchie utopie. Sono piccoli, grandi cambi di prospettiva e strategia per rendere il pianeta più pulito, il lavoro flessibile più sicuro, i migranti non un problema ma un'opportunità... Queste sono solo alcune delle rivoluzioni per cui vale la pena di combattere insieme. Poi ci sono quelle personali, e lì sta a voi. Il nostro nuovo esperto di astri Stefano Vighi ci ha rivelato che Urano, pianeta delle svolte, quest'anno non risparmierà nessuno. Paura? No, siate contente. La vita è un moto perenne, basta saperlo indirizzare. Per quanto mi riguarda, sono felice di iniziare un nuovo anno insieme. Ho un solo consiglio: siate spericolate.

(Scrivete a Maria Elena Viola, direttore di Gioia!: direttoregioia@hearst.it)