Cosa teniamo e cosa buttiamo di questo 2017? Io vorrei buttare la paura. Ha occupato la prima pagina dei giornali dal primo gennaio dell'anno appena nato, con l'attentato di Istanbul, e ci ha seguito quasi ogni mese con stragi e attacchi da Londra a Manchester. La paura come male necessario. Come normalità. È una spina nel cuore che non sentiamo quasi più, come quelle lische di pesce che ti s'incagliano in gola e ti abitui a sopportare finché non vanno giù. Ci siamo vaccinati alla paura e l'eco di una tragedia non dura più di due giorni. Non è cinismo, è sopravvivenza. Ma gli anticorpi non sono la cura.

Cosa vorrei buttare del 2017

Vorrei buttare le fake news, la tracotanza di chi decide le sorti del mondo come se giocasse ai soldatini, l'odio verso il diverso. Le regole che uccidono l'umanità e fanno morire degli innocenti in mare o li abbandonano al proprio destino girando la testa dall'altra parte. Le frasi retoriche e le parole a vanvera di chi si dice rappresentante del Paese e invece per il Paese non fa quasi niente, nemmeno le cose elementari: tutelare il diritto al lavoro, alla maternità, alla cittadinanza quando si nasce e cresce in Italia ma si ha la pelle di un altro colore, alla vita quando viene minacciata da chi dice di amarci e alla vita quando non è più vita.

Vorrei buttare tutte le cose inutili che creano disordine e che non mi servono

Vorrei buttare i cattivi pensieri e il pessimismo. Ma anche tutte le password, i pin, i puk, le sim, che ci ingolfano la vita e sono la massima espressione della diffidenza che domina i tempi. Sentite, non ho segreti: mi fate accedere a qualsiasi sistema solo schiacciando invio? Vorrei buttare tutte le cose inutili che creano disordine e che non mi servono: le scarpe e le maglie fotocopia, le gonne che non mi entrano più, i giornali già letti, le lettere della banca e le ricevute delle multe, le penne senza tappo, i biscotti scaduti, i cappelli sformati, le mousse e gli oli per i capelli difficili, i telecomandi e i caricabatterie di aggeggi ormai defunti, i cuscini esanimi, le medaglie dei saggi e i lavoretti dell'asilo (non tutti, però). Vorrei abitare uno spazio vuoto. Abbiamo troppe cose, e sono come zavorre. Liberiamocene.

Cosa vorrei tenere del 2017

Vorrei tenere le persone, le persone comuni che fanno cose semplici e necessarie tutti i giorni, ma nessuno lo sa. Quelle che aprono le saracinesche la mattina presto mentre gli altri dormono e resistono a giornate lunghissime di sola fatica, senza fare un plissé. Gli eroi di un giorno che compaiono di tanto in tanto su un giornale e poi si dimenticano: i vigili che hanno salvato vite a Rigopiano, i volontari dei centri d'accoglienza, i sindaci e le autorità che lottano per mantenere la legalità in aree difficili. Le persone le tengo perché nessuno investe più su di loro. Contano solo i budget, i "processi", i database. Ma le persone sono la vera risorsa, perché sono mondi: idee, emozioni, intuizioni. Il progresso fino a oggi lo hanno fatto loro. Se non ci crede più nessuno, chi lo farà?

Se le donne gridano tutte insieme, è impossibile non sentire la loro voce

Tengo i millennial che non hanno paura di rischiare e la regina Elisabetta, prima sovrana a festeggiare il Giubileo di Zaffiro per i 65 anni sul trono, rendendo onore alla vecchiezza (qui intesa come vecchiaia + saggezza, eredità del tempo che nessuno considera, preso com'è a contare le rughe). Tengo la gente che s'innamora, perché finché c'è amore c'è speranza. E tengo la bellezza: dell'eclissi di sole che ci ha incollati al cielo il 21 agosto 2017, facendoci capire che non c'è niente che può toglierci il fiato più di certi show del creato, e quella dell'arte, della natura, delle parole ben scritte e delle piccole cose fatte con cura. Tengo la bellezza delle donne. La loro forza inesauribile. La tigna con cui continuano a chiedere più spazio, più ascolto, più giustizia, dovendo spiegare ogni volta da capo concetti facili facili come se fossero fantascienza. Il Time le celebra con una copertina dedicata a quante con coraggio hanno denunciato le molestie sul lavoro, a cominciare da Hollywood. Un bel modo per chiudere il 2017: la voce delle donne. Se gridano tutte insieme, impossibile non sentirle. Buone feste a tutte!

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