Milano, wow! Sono sempre più rare le occasioni per sentirsi fieri di essere italiani – sfogliando le pagine di politica interna vien voglia di essere cervelli in fuga, pur senza cervello e anagrafica giusta – una ce l'ha regalata l'ultima favolosa Fashion week. Non solo per la quantità e lo scintillio degli eventi, la bellezza degli abiti, lo spettacolo degli allestimenti, i party memorabili. Ma perché è qui, nel nostro Paese, a Milano, nell'istituzione che più la rappresenta, la Scala, che la moda è scesa in campo per dire: SI PUÒ. Si può fare business senza arrecare danno all'ambiente e senza sfruttare la povera gente, alimentare il lavoro clandestino o minorile, esaurire in modo dissennato le risorse del pianeta, inquinare, incoraggiare mercati illeciti per avere a poco prezzo materie prime preziose perseguendo la sola logica del profitto; si può creare moda etica senza sacrificare l'estetica; si può intraprendere una nuova strada del lusso che metta al centro l'uomo e il suo talento, sottraendosi alle regole della fast fashion che tutto mastica, tutto omologa, tutto distrugge rapidamente per produrre nuovi desideri e nuovi consumi.

A Milano la moda è ecologica

Su questi principi di responsabilità è nato il primo Green Carpet Fashion Award, un riconoscimento ai designer e alle aziende che credono in questi valori, fortemente voluto da Livia Firth – fondatrice di Eco-Age e fortunata moglie di Colin Firth (nella foto d'apertura a sinistra, insieme a Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, Laura Strambi e Calu Rivero) – con la collaborazione della Camera Nazionale della Moda italiana e il supporto del ministero per lo Sviluppo economico. E non è un caso che il premio sia stato inaugurato a Milano. Il sogno dell'italianissima Livia è far sì che il made in Italy sia l'apripista di questa svolta virtuosa – a tutt'oggi intrapresa solo da rari e coraggiosi brand visionari – conquistando il primato della sostenibilità a livello mondiale. Un sogno più che realizzabile, se è vero che «la nostra moda è la più "pulita" di tutte», come ha dichiarato il presidente della Camera della Moda Carlo Capasa.

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Alcuni vincitori del premio: Adriana Santanocito, Miroslava Duma, Enrica Arena e Derek Blasberg.

L'eccellenza è italiana

Il perché è presto detto. Molti dei nostri marchi storici sono di stampo familiare –
 i Missoni, i Ferragamo, i Fendi, tanto per citarne alcuni – molti sono ancorati al territorio, le fabbriche sono fisicamente vicine ai produttori, gli artigiani non sono numeri ma persone, gente legata all'azienda per storia e tradizione. È così per Brunello Cucinelli, che ha creato una piccola oasi di cashmere e cultura nella sua Solomeo, in Umbria, e che ha ricevuto il premio Community and Social Justice. O per la Maison Valentino, che ha costruito la sua grandezza (anche) sull'eccellenza delle sue sarte, premiate da Annie Lennox, e ringraziate personalmente dal direttore creativo Pierpaolo Piccioli, in camice bianco con loro sul palco.

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Annie Lennox con le sarte della Maison Valentino.

Sfilata sul green carpet

E per chi avesse ancora qualche riserva o pregiudizio sulla organic couture, e l'associasse a vestitucci riciclati con le bottiglie delle nostre pause pranzo o cappottini in morbido Teddy bear, è ora che si ricreda. Il Green Carpet Award è stato il trionfo dell'eco-chic. Tutta piazza della Scala è stata ricoperta da un enorme tappeto verde in econyl, realizzato con filo rigenerato dai rifiuti di nylon; 
Gisele Bündchen, premiata per l'impegno ambientale, ha omaggiato l'eco-fashion con un abito di Stella McCartney «green» in tutti i sensi; mentre Tiziano Guardini, incoronato miglior designer emergente, ha dimostrato con le sue creazioni che si possono fare capi magnifici con tessuto 100 per cento naturale e seta «non violenta» (si chiama ahimsa e i bachi non è che si suicidano da soli, ma vengono lasciati vivere finché non si trasformano in farfalle, usando poi il bozzolo vuoto). Persino il premio, una bellissima statuetta di Chopard, era in oro etico, cioè estratto secondo condizioni di lavoro sostenibile.

Il fashion system diventa eco-sostenibile

Insomma seratona, piena di bella gente (tutto il gotha della moda, e le bellissime dello show e del fashion system, da Naomi a Bianca Balti passando per Andrew Garfield, Amber Valletta e Vittoria Puccini), con finale a sorpresa che ha celebrato i quattro grandi del made in Italy – Giorgio Armani, Pierpaolo Piccioli, Miuccia Prada e Alessandro Michele – insieme per la prima volta on stage, per dire, appunto, che si può fare una moda diversa e più giusta. Per dirlo soprattutto alle nuove generazioni cresciute col «credo» della velocità e del prodotto usa e getta. Sono loro che devono imparare che le belle cose hanno bisogno di lentezza e di tempo (lo ha ricordato Chiara Vigo, magica depositaria dell'antica arte della tessitura del bisso marino, un filo d'oro ricavato da un mollusco del Mediterraneo, quando ha ritirato il The Artisanal Laureate Award), e che un abito, se ben fatto, «è per sempre». Parola di Livia Firth. E del suo strepitoso Capucci vintage rosa shocking.

Maria Elena Viola, direttore di Gioia! Scrivetemi a: direttoregioia@hearst.it