Milano Zucchero e Catrame, la playlist di Matteo Maffucci e del suo diario da expat a Milanopinterest

Canzone per leggere l'umore: Some kind of love, The Killers

La verità è che non ho mai amato la fine delle storie.

La sfida era quella di raccontare il mio primo anno a Milano e ora ci siamo: questo è il mio ultimo resoconto da expat romano sotto la Madonnina.

Per dodici mesi ho rubato con gli occhi, il cuore e la pancia.

Milano mi ha cambiato il metabolismo e anche i pensieri, mettendoli tutti in fila, ordinati, uno dietro l'altro, come un domino, come una lunga lista di buoni propositi da spuntare. Ci sono cose che ho fatto e altre che ancora mi aspettano.

Ma non ho fretta, adesso cerco il ritmo, la velocità giusta, la fine della sbronza iniziale. La vita.

Tutto è volato alla velocità della luce, senza neanche accorgermene sono cambiato anche io. Sono diventato più pragmatico, ho perso quella cattiva abitudine del "vabbè, facciamo domani". Sto iniziando ad amare gli aperitivi (senza esagerare) e a essere meno impulsivo. Serviva cambiare città? Sì, ne sono certo. Avevo bisogno di un cambiamento drastico nelle mie abitudini e cercarne di altre. Sono stato costretto a girare, a tirare su gli occhi per vedere la città da tutte le prospettive.

Milano e la mia casa in via Orti.

Milano e la brioche vuota.

Milano dove tutto è vicino e dove puoi fare più di una cosa al giorno.

Milano e tutte le persone che ho incontrato.

Milano e la settimana della moda, del mobile, del fumetto, dell'artigianato, del collezionismo, del qualsiasi cosa ti viene in mente.

Milano dell'educazione e del senso civico.

Milano che riesce a trovare un nome figo anche a un quartiere oggettivamente brutto (NOLO!!!).

Milano e i Navigli, il Monumentale e lo stadio, che ha la fermata della metro. Lilla.

Milano e la focaccia, non pizza bianca.

Milano e la creatività che si respira, come a Berlino.

Mi sono tolto la giacca pariolina e mi sono semplicemente vestito da quello che sono oggi. Un trentanovenne che si annoia con grandissima facilità, alla ricerca di una stabilità emotiva con sé stesso. Mi sono messo a giocare un'altra partita, cercando di non barare, chiedendo aiuto quando serviva, tornando a Roma quando chiamava. È che nella mia vita ho sempre cercato uscite di sicurezza, un modo per scappare, o per riprendere il fiato, ma alla fine ho capito che per me la sfida era rimanere e resistere.

Non solo ce l'ho fatta, ma ora "me senti un po' milanes anca mi".