In tempi troppo beceri persino per distrarsi con i refrain delle canzonette, il tormentone del Ferragosto 2017 è stato una parola secca, non priva d'una sua facile musicalità: «scafista». Avendo preso il posto di quell'altra, «invasione», un po' superata dai riscontri numerici e dall'evidenza, è ora la parola «scafista» a risuonare minacciosa, nelle conversazioni estive da bosco e da riviera; a imporsi sui social, quale chiave di lettura d'ogni analisi geopolitica alla buona, come nei titoli degli editoriali pensosi.

Parola d'indubbia efficacia, tra l'altro. Se l'invasione era tutta da dimostrare, lo scafista certamente esiste: nuovo nemico assoluto, in carne e ossa. E allora, dagli allo scafista. Fermarlo è la priorità, la causa comune che ci autorizza a buttare a mare tutto il resto: le persone e i diritti, il bambino con l'acqua sporca, e pure un bel po' di coerenza. Salviamo esseri umani dalle grinfie del perfido scafista per incarcerarli in Libia dove, come ha recentemente chiarito l'inviato speciale dell'Alto commissariato Onu per il Mediterraneo centrale, «non ci sono campi o centri per i migranti, solo prigioni, alcune controllate dalle autorità, altre da milizie e trafficanti». Stringiamo accordi politici per affidare i profughi a chi non riconosce la Convenzione di Ginevra, ma con le ong siamo inflessibili, e soprattutto: guai a chi parla con chi guida la barca.

Emergenza migranti estate 2017: barca scafistapinterest
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Ma chi sarebbe, poi, questo famigerato, odioso «scafista»? Già un paio d'anni fa il sacerdote eritreo don Mussie Zerai aveva spiegato che, da quando è stato istituito il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, i cosiddetti trafficanti di uomini preferiscono passare il timone a semplici migranti, ai quali viene magari offerta la traversata gratuita. Anche minori, ragazzini con qualche modesta esperienza marinara perché cresciuti in paesi di pescatori. Per il suo lungo e ben noto impegno umanitario, nel 2015 padre Zerai era tra i candidati al Nobel per la pace. Oggi il suo nome è iscritto nel registro degli indagati dalla Procura di Trapani: succede anche questo, nell'agosto del «dagli allo scafista».

(Nella foto d'apertura, la spiaggia Bogatell di Barcellona, trasformata da una ong spagnola in un monumento a cielo aperto ai migranti morti)