Qualche settimana fa mi hanno fatto una biopsia (tutto bene, grazie). Negli stessi giorni, ho compilato la dichiarazione dei redditi, e quindi il costo della biopsia mi ha particolarmente innervosita. Se avete mai pagato le tasse lo sapete: i primi 129 euro di spese mediche sono affaracci tuoi (detto educatamente: franchigia), dal centotrentesimo euro detrai, dal tuo reddito lordo, il 19 per cento – meno d'un quinto – di quel che hai speso.

Ho letto, da quando è presidente Trump, centinaia di articoli indignati per il taglio dei fondi a organizzazioni come Planned parenthood, che tutelano la salute delle donne. La linea di tutti coloro che (giustamente) difendono l'accesso gratuito all'assistenza sanitaria in materia di riproduzione e non solo è: la pillola anticoncezionale in certi casi è indispensabile (per chi soffre di endometriosi, per esempio), non si può renderla un costo insostenibile. Tutto giusto, condividiamo il loro sdegno.

Ma io pago molte più tasse di un'americana che guadagni quanto me, e le pago perché vivo in un Paese in cui la sanità è pubblica, e lo Stato si accolla quel che negli Stati Uniti viene compensato da organizzazioni private – in teoria. In pratica, io mi pago la pillola da trent'anni, e nessuno se ne indigna. 19 euro per 13 cicli l'anno: 247 euro, nell'ipotesi dell'irrealtà in cui io non abbia mai un'altra spesa sanitaria (una carie, un dolore al ginocchio, una biopsia: qualsiasi altra cosa per cui paghi un medico privato o un ticket ospedaliero). Tolti dai 247 quei 129 che amen, ne restano 118, il 19 per cento dei quali mi verrà riconosciuto non come rimborso ma come detrazione dal mio reddito lordo: pagherò le tasse su 23 euro in meno, avendone spesi 247.

Ne parlavo con amici a cena e mi hanno guardato stupefatti: fatti un'assicurazione, no? Siamo così abituati all'illogica finzione della sanità gratuita che ci sembra ovvio pagare le tasse come un'italiana e l'assicurazione come un'americana. Però protestiamo perché la sanità sia gratuita. In America.