Il 60 per cento degli italiani non legge. Hanno gettato la spugna 3 milioni e 300.000 lettori negli ultimi 7 anni. Un calo che sa di voragine, e che procede con andamento inversamente proporzionale alla crescita dei laureati. Tengono le donne, da sempre più book-addict degli uomini, scappano dalla carta i ragazzi tra gli 11 e i 14 anni. L'ebook non decolla. In questo bollettino di guerra, l'outing del premier Gentiloni che ha ammesso candidamente «A Palazzo Chigi non c'è tempo per leggere», ha sollevato un polverone. In primis la reazione di Giuseppe Laterza, storico editore, che in una lettera bella e garbata ha definito il leggere non solo un piacere ma una necessità per l'evoluzione di un Paese, soprattutto se a dare il buon esempio è il suo motore, la classe dirigente.

Una legge per promuovere la lettura

Condivido e sottoscrivo l'appello a promuovere la lettura con disegno di legge apposito in stallo al Parlamento, ma nel contempo spezzo una lancia a favore del presidente Gentiloni che, da ex lettore in astinenza per stress da lavoro, invece di dare risposte di comodo è stato onesto in modo disarmante in un ambito in cui di solito si scatenano le più recondite inclinazioni narcisistiche («Non hai mai letto Proust???»). La gara a chi ha letto più libri, e più possenti, può fare il paio solo con le gare di certi spogliatoi. Non c'è umiltà nella lettura, nessuno vuol essere meno bravo degli altri. E pur di non passare per pirla o analfabeta, c'è pure chi millanta frequentazioni cult di autori mai sentiti.

Il tempo che perdiamo con social e affini

Ma, detto questo, com'è che prima per leggere il tempo si trovava, anche da capo di Governo o Gabinetto, e adesso invece non si trova più? Che ci è successo? Abbiamo ore più corte, cervelli meno elastici, appetiti meno elevati, occupazioni più sceme? L'ultima che ho detto, certamente. Perché Andreotti – citato da qualcuno come esempio di politico colto e multitasking dei bei tempi andati, che non solo leggeva, scriveva anche, nei suoi innumerevoli mandati da ministro e da premier – non aveva Twitter. E nemmeno la «tassa» dei talk show. La nuova politica è marketing e comunicazione, l'ultimo refolo di vita, prima di collassare su un cuscino, è riguardarsi da Vespa o elaborare risposte «ficcanti» a haters e followers. E buonanotte a Proust.

Estate, tempo di recupero

Ma per fortuna esiste l'estate. Il tempo del recupero. In cui saldare tutti i debiti, come i miracolati dell'esame a settembre. Dunque suggerisco al nostro presidente del Consiglio di darci dentro in vacanza, semmai ci andrà, o di staccare tutti i device e chiudersi a chiave in un gabinetto, comunque lo si intenda, con un paio di tomi da leggere fitto fitto come non riusciva dai tempi del liceo, senza distrazioni. E di selezionare fin da subito i titoli da mettere in valigia. A volte capita di ballarci un po' dentro, di non sentirsi comodi, perché non siamo pronti per accoglierli e metterci in ascolto, perché sono arrivati troppo tardi o troppo presto, perché non ci piacciono, semplicemente. Siddhartha si legge negli anni formativi del liceo, Il piccolo principe quando si ha ancora l'età per non confondere serpenti per cappelli, Marquez nella fase del realismo magico, la giovinezza folle e sognante, la Némirovsky possibilmente dopo i 30. Calvino sempre, e per sempre, come tanti. È una teoria, la mia teoria, senza alcun fondamento. L'ho maturata «bruciando» le Memorie di Adriano in un momento sbagliato della vita, rimandando di anno in anno il mio appuntamento con la Yourcenar, come fosse un amante che proprio non ti senti di deludere. Sui libri ognuno ha le sue teorie. E vanno bene tutte. L'unica che non regge è quella di leggere una sola cosa: lo schermo del proprio cellulare.

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