Milano Zucchero e Catrame, la playlist di Matteo Maffucci e del suo diario da expat a Milanopinterest

Canzone per leggere l'umore: Young Lady, You're Scaring me di Ron Gallo

Un po' di tempo fa sono stato invitato a cena da un mio caro amico.

Ero stanco, provato dal caldo, con quel desiderio addosso di andare a casa e basta, bisognoso di ricaricarmi trasformandomi in larva e lasciare il segno sul divano. Alla fine, però, sono uscito. E ho fatto bene. Benissimo. Ho incontrato una persona fantastica.

Tutti amici che più o meno conoscevo, io in ritardo perché la macchinina in sharing non voleva farmi chiudere il noleggio, ed ecco che, nella lotta silenziosa e meschina della scelta dei posti a tavola, quella per chi avere accanto o di fronte, sono capitato vicino all'unico che non conoscevo. Superato il solito imbarazzo iniziale, ho conosciuto STERPO, poster-artist, trentasei anni, veneziano che vive a Milano dal 2012.

Mi spiega subito che il suo problema è la timidezza (forse la sta vincendo, allora…).

«Non mi piace mostrare il mio viso sui social. Non è snobismo, il mio, è solo odio per le luci puntate addosso. Non mi piace essere al centro dell'attenzione. E poi la verità è che le mie opere sono più interessanti di me».

È timido e riservato, STERPO, ma quando inizia a parlare di quello che fa prende fuoco come un fiammifero. Lui si definisce un mero artigiano, uno che ha un approccio infantile all'arte ma che tanto tutto si riduce sempre, come dice lui, a una cosa soltanto. Le opere piacciono o no?

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Matteo Maffucci

A me piacciono tantissimo, per quello che può contare, ma la cosa che mi intriga di più è la totale abnegazione alla sua decisione.

«Non riesco ancora a vivere solo delle mie opere, nel frattempo faccio altre mille cose per arrivare a fine mese, ma non mi importa: prima o poi ce la farò».

Ha lasciato un posto sicuro e una vita normale - aveva una libreria di famiglia a Venezia - per trasferirsi a Milano e inseguire non un sogno ma un obiettivo.

«Io non sogno di diventare un artista, quello lo sono già, me lo sento dentro. Io voglio realizzarmi e vivere della cosa che amo di più. Lo devo a me stesso, ci devo provare».

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Matteo Maffucci

Lo ammetto, quando incontro persone così, io divento automaticamente un loro super fan. Sono rapito dalla fermezza, dal desiderio incondizionato di comunicare un'idea e dal contrasto che c'è tra quello che esprimono con le loro opere e il loro carattere. Un po' come Superman: timido giornalista e al tempo stesso supereroe invincibile.

Da quella sera ho continuato a vederlo, frequentarlo, da appassionato ho sempre sognato di vedere un artista all'opera, qualsiasi cosa faccia.

Quello che fa sembra banale, ma è l'idea in sé e la convinzione di come lo fa che lo rendono credibile.

«Io taglio poster, fogli, immagini che mi rapiscono, e ne cambio il senso e il design iniziale. È come fare una cover acustica di un pezzo dei Metallica».

La canzone è quella ma l'emozione un'altra.

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Matteo Maffucci
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Matteo Maffucci
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Matteo Maffucci

Semplice ma efficace, potente, affascinante.

Ma la risposta più interessante me la dà su Milano.

«È la città del tranello, della bugia, dei vestiti e dei grandi palazzi, ma soprattutto è la città che sta rubando l'arte a Roma. Qui ci sono possibilità e questo mi basta».

Se vi va, e vi piace, seguitelo su Instagram, io intanto esco e vado a prendere una birra con lui.

Prosit!