Milano Zucchero e Catrame, la playlist di Matteo Maffucci e del suo diario da expat a Milanopinterest

Canzone per leggere l'umore: Everything Now, Arcade Fire

Durante questa settimana mi sono ritrovato a leggere tutti i post che ho pubblicato in questi mesi, lungo periodo dove mi sono reso conto che questa città mi ha davvero rapito, conquistato, fatto sentire a casa.

Ma anche Milano ha un suo lato oscuro e ci sono quelle due o tre cose che davvero non mi fanno dormire la notte (nel vero senso della parola).

Ecco ciò che odio (e per cui cerco e cercherò risposta) di questa città.

1. Le zanzare

È vero, è stagione, ma io non riesco proprio a trovare una soluzione.

Qui a Milano le zanzare sono geneticamente modificate, ma soprattutto organizzate in squadriglie tipo Luftwaffe, che in questo caso è la temibilissima Zanzara Tigre. È incredibile come l'umore della città condizioni tutto, ma proprio tutto. Sono performanti, instancabili, determinate.

Se ti trovi, in certi orari, in certe zone (Navigli, Sempione, Isola) rischi di trovarti in una bruttissima situazione. Attaccano in gruppo, in stormi, senza chiedere permesso, senza alcuna remora. Sanno che qualcuna di loro ci lascerà le penne, ma il rischio è calcolato: danni collaterali. Ti faranno impazzire, è una certezza.

L'unica soluzione è essere preparati e concentrati come un Navy Seal.

Mai, e dico mai, girare per Milano senza l'unica arma in grado di contenere i danni per la tua sopravvivenza. L'AUTAN. È il tuo migliore amico, la spada nella roccia tolta dalla roccia, la spada laser di Luke Skywalker, lo scudo di Capitan America, l'anello di Frodo. Scordare a casa il tuo tesssoro è come consegnarsi nelle mani di Voldemort.

Allego foto promozionale.

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Matteo Maffucci

2. I numeri civici dei negozi

Io pensavo di essere distratto o completamente inadatto, ma scoprire che a Milano i negozi e i ristoranti non hanno numeri civici, mi ha fatto diventare matto. La domanda è: perché?

Vi giuro, non lo so, non capisco il senso, il nesso e la motivazione, so solo che nella sua piccolezza, questo bug cittadino aumenta del duecento percento la mia già labile capacità di orientarmi. Sono uno di quelli che si perde nei supermercati e se non ho a disposizione un navigatore non sono assolutamente in grado di conoscere la mia posizione. Comunque ho capito che per il numero civico bisogna fare affidamento al palazzo più vicino. Ripeto: ma perché?

Allego foto interrogativa. Dov'è il numero?

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Matteo Maffucci

3. Citofoni di ultima generazione

Si stanno diffondendo un po' ovunque. Milano ovviamente ne è piena.

Allora, il punto è che io capisco perfettamente il problema della sicurezza, della riservatezza e varie, ma metterci dieci minuti per riuscire a entrare in un portone lo trovo davvero eccessivo.

Primo passaggio: conoscere il codice (i nomi non ci sono più!). A volte l'assurdo trova il suo culmine con la legenda dei condomini a fianco. E allora perché non mettere direttamente i nomi sui citofoni?

Secondo passaggio: capire che dopo il codice bisogna spingere anche un altro pulsante per inoltrare la richiesta. A volte è l'icona del campanello (intuitivo), a volte la "C", che sta per chiamata, ma che nell'uso comune delle tastiere anglosassoni che utilizziamo quotidianamente significa "Clear", ovvero "Cancella".

Terzo passaggio: c'è un portiere (anzi, scusate, a Milano si chiama portinaio), che ti squadra e probabilmente indossa occhiali a raggi X, comprati dall'ultima pagina de L'Intrepido negli anni Settanta, per capire se stai introducendo qualcosa di sconveniente. Sono convinto che fra poco mi faranno lasciare in portineria i liquidi sopra i 100ml.

Quarto passaggio: altro citofono, stesso codice. Si apre un'altra porta che dà sul nulla. Panico.

Quinto passaggio: chiami il tuo amico e gli chiedi di venirti a prendere.

AIUTO!!!

Allego foto incomprensibile. Qui siamo difronte alla follia. Hai un citofono tradizionale ma ti vuoi complicare la vita lo stesso.

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Matteo Maffucci