Cara Camilla,
sarai la mia nuova regina.
Ci ho messo un po' a farmene una ragione, ma devi capirmi: sono stata a lungo giovane e convinta che lo struggimento potesse invecchiare bene. Adesso quando vedo una donna adulta sospirare di «m'ama, non m'ama, e se m'ama mi chiama?» mi viene da chiamare la polizia: per oltraggio al pudore. Tu e Carlo, invece, siete nati già anziani: quanto tempo risparmiato. Vi siete immediatamente riconosciuti – era il 1970, non ero neanche nata – e persino innamorati, poi giudiziosamente separati per règio volere, quindi inopportunamente sposati con cornuti di passaggio. Quando Diana è morta – il prossimo 31 agosto saranno vent'anni – le questioni protocollari si sono semplificate, e avete cominciato ad aspettare. L'amore forse no, ma la pazienza vince su tutto.
Per anni sei stata colpevole. Non potevi uscire di casa, hai raccontato al Mail on Sunday, perché il giardino era infestato dai paparazzi. Tom e Laura erano ancora piccoli, e in bagno tenevano un binocolo per giocare ad avvistarli tutti: «A noi sembrava perfettamente normale». A te probabilmente no: ne hai approfittato per leggere quanto in una vita normale non avresti potuto mai. (Consiglio alle giovinette: diventate l'amante del principe del Galles, è un modo come un altro per prendersi un anno sabbatico). E pure quando la situazione era ormai sufficientemente pacificata da consentire nozze riparatrici – nel 2005, mica il giorno dopo – i sudditi rimanevano scettici: per l'occasione vennero prodotti scarsi souvenir commemorativi, e molti pure con la data sbagliata, ché il matrimonio fu rimandato perché Carlo doveva andare al funerale di papa Woytila. Avevate aspettato tanto, potevate aspettare tanto e un giorno.
Adesso hai quasi settant'anni. Diana è un fantasma favoloso e invadente, ma non ci sono più dubbi sul tuo destino da regina. Sei pronta, sostieni. I tuoi genitori ti hanno insegnato tutto quello che serve: «Venivano a cena i vicini più noiosi del mondo, e noi eravamo costretti a metterci a tavola. Ovviamente protestavamo – "Ma non possiamo guardare la tv e mangiare bastoncini di pesce?" – ma mamma ci faceva rimanere seduti, e al primo silenzio ordinava: "Parlate! Non mi importa di cosa: del vostro pony o del vostro pappagallo, ma mantenete viva la conversazione"». Così hai imparato a comportarti, e a parlare con la gente: «Senza questa educazione, abituarmi alla vita di corte sarebbe stato più difficile». Siccome non si sa mai, io l'ho messo tra le piccole virtù da tramandare alle mie figlie: archiviati gli struggimenti, l'allenamento alla noia è il segreto della felicità.