Cara Kim,

finalmente ho capito chi sei.

Il tuo culo è una macchia di Rorschach. Dopo l'inverno post-traumatico del nostro scontento – la quiete dopo la rapina, una compunta riflessione sul lato oscuro della celebrità – è tornata la stagione dei bikini su tabloid, e puntuale sei partita per una vacanza in Messico dalla quale ci hai fatto recapitare cartoline paparazzate senza ritocco.

La notizia non è che hai la cellulite (di cosa altro pensavamo potesse essere piena una chiappa di quelle dimensioni? Muscoli? Banconote? Provviste per l'inverno?). La notizia è che la tua cellulite è stata argomento di conversazione per almeno un paio di giorni – che su internet equivale a un'ipoteca sull'eternità. E la reazione ai tuoi cuscinotti racconta, come al solito, assai più di noi che di te.

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Ci sono quelle soddisfatte: è l'era dell'orgoglio cicciottello, che coraggiosa sei stata a non scendere in spiaggia scafandrata. Sono convinte che il sovrappeso sia un'espressione di libertà, e che la curva dei tuoi fianchi richieda meno disciplina della retta di Gisele. Ci sono quelle infastidite: ma come ti viene in mente di farti vedere così? Certo che faresti qualunque cosa per attirare l'attenzione (ma dai!). Sono convinte esista un'unica verità: un monolito in formalina, fatto a forma di Audrey Hepburn. E poi ci sono le eterne scontente: il culone è una dichiarazione politica solo quando è grasso naturale, tu chissà quanto hai brigato per deformarlo così. Sono convinte che il segreto del successo sia l'autenticità, nientemeno.

In questi giorni in un teatro di Londra è in scena Don Juan in Soho, una riscrittura moderna del Don Giovanni di Molière. No, non sono diventata intellettuale tutt'a un tratto: sul palco c'è quel figo di David Tennant – fu Doctor Who, poi il detective secco di Broadchurch: non il tuo tipo – e mi serviva una scusa per lasciare a casa le figlie. Ha funzionato, e inoltre lì ho capito cosa il tuo sedere racconta di te.

La rivelazione è arrivata col discorsetto finale: «Noi viviamo nell'era delle scuse, da non confondersi con la sincerità», tra gente che è «corrotta, infelice, aggrappata a qualunque cosa mandi avanti la barca in questo oceano di ingiustizia: sfigati con storie da vendere – biografie, confessioni, sfoghi – per un mondo di piagnoni professionisti». Ecco, penserai: un'altra che ti dà della morta di fama.

E invece no, Kim. Tu sei come Don Juan: «Le mie bugie sono oneste; io so quando mento, io so perché». Ti distingui dalla massa di insta-lagnosi, sei una purista della menzogna. E il tuo culo è come ogni seduzione riuscita: tutto il contrario dell'ipocrisia.