C'è un paradosso nella dinamica della strage di Londra. Un'auto, un terrorista improvvisato, un obiettivo simbolico come Westminster, sede della più antica e perfetta democrazia del mondo. Il paradosso è che questo nuovo stragismo su ruote, da Nizza a Berlino al cuore dell'Inghilterra, segnala l'agonia dello Stato islamico, il momento di sua massima debolezza militare.

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La cerimonia di commemorazione delle vittime sul ponte di Westminster a Londra.

I combattenti di Al Baghdadi, in realtà lupi solitari il cui legame con Isis è ormai più ideologico che organizzativo, sempre più pressati dalle intelligence occidentali e in difficoltà a reperire armi e esplosivo, usano macchine e camion per uccidere. La loro imprevedibilità è insieme segno di estrema pericolosità e debolezza: il terrorismo islamista sta perdendo il suo territorio fra Siria e Iraq e prova a seminare terrore altrove.

Sono stato a Mosul pochi giorni fa, il tempo di rendermi conto che i jihadisti di Al Baghdadi, duemila fanatici votati alla morte, sono destinati alla sconfitta, anche se a prezzo di molte vittime civili. Caduta Mosul, il califfato perderà anche Raqqa, in Siria. In sostanza il primo Stato terrorista della storia con ogni probabilità morirà, trasformandosi in un nucleo di combattenti pronti a colpire ovunque in Occidente, sul modello di Al Qaeda. Estremisti già definiti return fighters, di ritorno in America e in Europa.

Ecco perché non bisogna esultare troppo per la prossima sconfitta del Califfo. Il terrorismo jihadista si alimenta di fanatismo ideologico via Web e scarse politiche di integrazione da parte dei Paesi più evoluti. Ma soprattutto delle nostre paure. Ecco perché la reazione di Londra, dove poche ore dopo l'attentato la gente animava le strade e il Parlamento riapriva i battenti, è da antologia. Le democrazie si salveranno dai tagliagole in un modo semplice: continuando a esserlo, fino in fondo.