Nel sonno delle istituzioni, il cittadino italiano Fabiano Antoniani, in arte Dj Fabo (39 anni), è morto da uomo libero a Zurigo il 27 febbraio 2017. Per farlo però, lui ch'era stato un viaggiatore felice, ha dovuto affrontare una trasferta penosa, persino impossibile da pensare per noi che siamo rimasti a casa. Avesse potuto scegliere, d'altronde, non l'avrebbe mai fatto, questo assurdo e insopportabile viaggio per andare a morire; solo che Dj Fabo non aveva alternative, così come prima di lui non le avevano avute tutti gli italiani sofferenti costretti a emigrare, e a pagare, per veder rispettata la propria volontà.

Fabo ha fatto di tutto, ma proprio di tutto, per non partire. Aveva chiesto aiuto persino al presidente della Repubblica, spiegandogli in un video – attraverso la voce della sua fidanzata, ché per lui anche parlare era dolore, dolore, dolore – cosa significhi sopravvivere per sempre in una gabbia dopo aver vissuto liberi per 36 anni; ritrovarsi dopo un incidente paralizzati e ciechi, alimentati da una sonda, ventilati da una macchina, senza più chance di migliorare, imprigionati «in una lunga notte senza fine». Ma il dibattito sul fine vita langue da anni in Parlamento, troppa fatica affrontarlo: pochi giorni prima la Camera dei deputati aveva rinviato per l'ennesima volta, al 13 marzo 2017, l'arrivo in aula della legge sul biotestamento.

Così lo sforzo ha dovuto farlo lui, che ha lasciato casa sua per andare a morire in Svizzera alle 11,40 di un lunedì mattina di fine febbraio. E intanto che qui s'aspetta di diventare più civili, il coraggioso attivista dell'associazione Luca Coscioni che l'ha accompagnato, assumendosi una responsabilità che i politici non hanno voglia d'assumersi, rischia una condanna a 12 anni di carcere.