La paura. La paura, che da sempre è uno strumento di controllo, è diventata la cifra del nostro tempo. Abbiamo paura di un mucchio di cose. Dei clandestini e dei vaccini. Di attentati e meningiti. Di perdere il lavoro o di finire per strada. E per strada talvolta si può finire non per via di un licenziamento o di undivorzio, ma a causa di un'altra grande fonte di paura: quella rappresentata dallo stesso pianeta che ci ospita. E che mostra sempre più spesso una certa insofferenza nei confronti della nostra Specie. L'Uomo è la più grave minaccia all'ecosistema. E i mutamenti climatici in atto - dal livello dei mari che si alza ai ghiacciai grandi come isole che si staccano dai Poli - sono allo stesso tempo il prodotto del nostro impatto sulla Terra e il modo che la Terra ha per dirci che prima o poi potrebbe sbarazzarsi di noi. Tsunami, uragani, bombe d'acqua o alluvioni: tutte cose a cui poco per volta ci stiamo abituando. E terremoti. Che non dipendono dalla quantità di Co2 che il nostro stile di vita immette nell'atmosfera, ma che una volta di più ci fanno percepire la differenza di forze in campo tra noi e la Natura.

Un libro che racconta il terremoto di Amatrice

A tutte queste cose, e anche ad altre, ho pensato quando mi sono imbattuto in un libro intitolato L'altra notte ha tremato Google Maps, scritto da Michela Monferrini per Rose Sélavy Editore all'indomani del terremoto che ha raso al suolo Amatrice. È una storia raccontata praticamente in presa diretta, i cui diritti d'autore andranno a un'associazione di genitori della località di cui in tanti si sono trovati a scoprire l'esistenza proprio in seguito alla tragedia, senza sapere che proprio lì era nata la ricetta della pasta all'amatriciana. La tesi del libro, che attraverso le parole di un ragazzino di nome Giordano - lo stesso nome di uno dei bambini che hanno perso la vita sotto le macerie la notte del 24 agosto scorso - alterna pagine di autentica poesia ad altre in cui si sorride di fronte al suo sguardo innocente, è che il terremoto può portare via le vite, i muri, ma non i ricordi.

Avere memoria delle persone, per non perderle

Il viaggio di Giordano e di sua nonna davanti allo schermo del computer, lì dove grazie a Google Maps Amatrice è ancora in piedi e in piazza si vedono ancora gli uomini seduti al bar e ai balconi sono ancora appese le lenzuola, è certo un viaggio nel dolore della perdita ma è innanzitutto un viaggio nella memoria. E come scrive Dacia Maraini nell'introduzione al volume, «la memoria non si cancella». A patto che qualcuno si preoccupi di fissarla, per mezzo di immagini o di parole: come nel caso di questo breve libro prezioso, scritto mentre svaniva l'estate. Per tutti noi, in fondo, la paura più grande resta quella di perdere le persone che amiamo. E averne memoria è il solo modo che abbiamo per non perderle definitivamente dopo che per un motivo e per l'altro ci hanno lasciato.

Giuseppe Culicchia (scrittore, il suo ultimo libro è Mi sono perso in un luogo comune, Einaudi).