Alcuni giorni fa la rivista The Lancet psychiatry ha pubblicato un articolo in cui si afferma che illudere i bambini dell'esistenza di Babbo Natale sia errore gravissimo, perché fa decadere l'assioma del bravo genitore che dice sempre la verità e mina la fiducia dei piccoli verso i grandi. Da sempre esiste una scuola di pensiero che vuole i fanciulli preparati alle crude verità e alle bruttezze del vivere fin dalla tenera età (è tanto crudele il mondo, che si attrezzino), a cui si contrappone un'altra scuola che vuole invece i minori protetti da suddette brutture finché è possibile, che già il mondo è tanto crudele… Io appartengo alla terza, quella che il mondo è crudele ma non buttiamoci giù. È anche piacevole a volte: ci sono i tramonti, lo shopping, Leo DiCaprio e pure Santa Claus.

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Rivendico il diritto alla bugia e al suo valore formativo

Che poi, di adulti traumatizzati dalla «grande scoperta», io non ne conosco. Conosco invece genitori traumatizzati dalle pretese dei figli appena scoprono che le renne non c'entrano e che per avere la casa di Barbie o l'iPhone 6 non è necessaria una richiesta scritta, bastano un paio di musi lunghi e una strisciata di CartaSi. Senza tirare in ballo la magia del Natale e i sogni che aiutano a vivere meglio di marzulliana memoria, rivendico il sacrosanto diritto alla bugia e il suo sottostimato valore formativo. Non mi ricordo quando ho scoperto che Santa era solo il nome storpiato di una ridente località della Liguria, ma ho molta nostalgia di quando la notte del 24 dicembre mettevo fuori dalla porta acqua e cibo per i Foodora del Natale pronta consegna, che fossero Babbo Natale con il cocchio oppure l'asinello insieme al Bambin Gesù. Era magnifico alzarsi al mattino e non trovarli più, vedendo al loro posto sotto l'albero una montagna di pacchetti. Com'è possibile portare in una sola notte tanti regali in tutto il mondo? Babbo Natale è stato bambino? E un giorno morirà? Ma soprattutto, com'è che non azzecca mai il regalo per la mamma? Sono domande che ci facevamo, ma senza pretendere vere risposte.

Credere a Babbo Natale è la base per accettare da adulti altre impossibili verità

Vero, finto, giusto, sbagliato, che differenza fa? Babbo Natale è un atto di fede. E non è l'unico in cui ci imbatteremo, crescendo. Dunque tanto vale prenderlo per buono ed essere grati ai genitori pallonari, perché ci danno le basi, nella vita a venire, per dare per certe altre impossibili verità: tipo che le diete funzionano e un giorno diventeremo magrissime (quale persona sana di mente riuscirebbe a nutrirsi di cibo scialbo e insapore se non fosse animata da infantile convinzione che la 40 sia una meta possibile?), che davvero gli uomini guardano prima gli occhi e se ti lasciano è perché «non ti meritano», che le donne possono arrivare ovunque, persino alla Casa Bianca, se solo lo vogliono.

Sono altre le bugie dei genitori che minano la fiducia dei bambini

Credere a Babbo Natale non mina la fiducia dei bambini negli adulti. La minano di più altre bugie: la volta che prometti di andare alla recita e non ti presenti, i cinque minuti che diventano un'ora e altre collaudate baggianate genitoriali. Che poi i bambini, secondo me, sono più forti e sgamati di quel che noi pensiamo. «Fidati di tua figlia», mi disse un'amica psicologa una volta, raccogliendo le mie ansie di madre part time. E io mi fido. È dei grandi che mi fido meno. Soprattutto in un momento storico come questo in cui vanno in frantumi nuove certezze e vecchie ideologie: Obama se ne va, Fidel Castro è morto, sinistra e destra non esistono più. Volete anche toglierci Babbo Natale?