Il dramma del nuovo terremoto è che oltre alle case sono crollate le persone.  Fra gli sfollati di Norcia, Visso, Ussita, Santangelo sul Nera e Camerino (nella foto, nonna e nipotino rifugiati in palestra) c'è lo sgomento della stanchezza. Molti degli scampati, ancora sconvolti per le scosse delle settimane e dei mesi scorsi, non hanno più voglia di sfidare il destino. Ecco perché il nemico più insidioso, fra questi borghi meravigliosi dell'Appennino, non è il disagio di adesso. È la paura di domani. 

D'altra parte i sismologi lo confermano: quest'ultimo terremoto è non solo figlio di quello di Amatrice, ma nipote di quello dell'Aquila e di Colfiorito. Un pezzo di crosta terrestre lungo 18 chilometri, largo 10 e profondo 9 è sprofondato di circa mezzo metro, rompendo faglie e mettendo in moto scivolamenti spaventosi. Seguiranno sciami sismici difficili da prevedere, e con loro incubi e notti all'addiaccio. La terra trema ancora e nessuno sa per quanto. 

Che la dorsale appenninica sia a forte rischio sismico lo sappiamo da tempo. Ma stavolta ogni minuto è perso: per recuperare alla vita e al turismo una delle zone più belle d'Italia bisogna adeguare immediatamente gli edifici danneggiati e quelli ancora a rischio. La gente si è salvata soprattutto perché nei paesi colpiti adesso ci sono più case costruite o ristrutturate seguendo le regole antisismiche. Che esistono e si possono applicare anche a edifici antichi. Ma hanno un costo. 

Serviranno molti miliardi per riparare i danni e ricostruire in sicurezza. Servirà forse sforare il deficit. È uno sforzo possibile se ci sarà sufficiente pressione dell'opinione pubblica e adeguata informazione da parte dei giornalisti. Con il rispetto delle regole e il rammendo certosino di case e monumenti, al sisma si può mettere il guinzaglio. Lo hanno fatto in California e Giappone, possiamo farlo pure noi.