L'estate della mia infanzia durava tre mesi. Novanta giorni di scialla impunita, di allegra corsa al galoppo in quella prateria sconfinata che erano le vacanze al plurale, una terra promessa di ozio azzurro cielo e sospensione delle regole. Il tempo non era diviso in settimane, l'arco tra giugno e settembre non era il business plan in formato Excel a cui abbiamo abituato i nostri figli (prima settimana campo scuola, seconda mare coi nonni, terza tennis e così via). I bambini per le vacanze non avevano voce in capitolo. Si adeguavano. Li caricavi sulla macchina o su un treno e andavano. Con un secchiello e due formine li facevi felici.

Le vacanze di una volta

Si andava in spiaggia la mattina presto, massimo alle 10 che poi il sole fa male. Bagno alle 11, per digerire la colazione, e poi merenda e ombrellone. Si facevano giochi semplici e magnifici sulla sabbia. Le torri sbilenche, i castelli coi merli di conchiglie scheggiate, il vulcano col fumo che partiva da dentro, per il quale però ci voleva un adulto, perché serviva l'accendino. Il divertimento più grande era la gara di biglie. Per diversi anni ho avuto l'incarico esclusivo per le Grandi Opere, il mio sederotto aveva le caratteristiche "a norma" per la realizzazione di una pista ad hoc. Farsi trascinare coi piedi per aria, usando le natiche come una ruspa, era l'unico modo per giocare coi maschi che, quando si trattava di palline e palloni, non ti guardavano più.

Mamme e figli

Le mamme stavano con le mamme, i figli coi figli. Nessuno chiedeva ai grandi di venire a giocare. La prole si intratteneva da sola. Infatti, a volte si annoiava moltissimo, soprattutto nelle ore della canicola o in quelle, infinite, in cui buttarsi in acqua era proibito. Si stava sotto l'ombrellone a fare brum brum con la macchinina, o a leggere Topolino. Sempre per terra. Il diritto alla sdraio era bandito ai minorenni.

Non era compito dei genitori intrattenere la prole. La prole si intratteneva da sola.

Le nuove generazioni 2.0

Fare la nostalgica è abitudine sgradevolissima, ma quando vedo certi siparietti familiari tra i vicini d'ombrellone, il "come eravamo" è inevitabile. Ragazzini musoni che si mettono in panciolle sul lettino; genitori in ansia da prestazione che non sanno cosa inventarsi, ipercinetici, ansiosi, stressati dalla performance atletica, perché non basta accompagnare il pargolo a "fare il morto" o due bracciate, bisogna lanciarsi in attività adrenalitiche - nuoto, sub, surf, moto d'acqua. Di secchielli se ne vedono sempre meno, le biglie non esistono più. In molti stabilimenti "smuovere la sabbia" è addirittura vietato. E anche giocare a pallone, a volley, a racchettoni. Così si vedono questi adolescenti annoiati fare sulla spiaggia quello che fanno normalmente a casa: chattare, isolarsi con le cuffie, imbambolarsi su Youtube. I più attivi si danno alla caccia dei Pokemon Go. E quando tornano a casa non si portano niente. Né la sabbia sotto vetro né i ricordi. Ché almeno così non diventano nostalgici.