Marta Marzotto non era la regina dei salotti. Era una regina, e basta. «Arrivai alla Festa dell'Unità dall'alto, con l'elicottero che scendendo faceva volare tutto, le bandiere, i panini, spettinava le teste…».

Così irruppe Marta nella nostra obbediente società, scompigliandola. Ci sono state donne più studiose, ci sono state donne più serie. Ma non ci sarà un'altra Marta. Questa dandy, questa dea contadina, questo Dioniso che buttò all'aria ogni convenzione. Quando si innamorò di Renato Guttuso aveva cinque figli con Umberto Marzotto, era una moglie fedele. Allora per adulterio si finiva  in prigione. Ma lei rifiutò di nascondersi. E il marito accettò il nuovo legame. Guttuso era più sposato di lei, con la moglie, col Pci, con la Dc, col Vaticano. I più forti fra i poteri. E lei li sfidò tutti. 

La donna che amò tre volte

Dc e Pci uniti nell'ipocrisia, e adesso arriva questa pagana della Bassa che fa perdere la testa al pittore simbolo del partito, e lui nei dipinti celebra la sua nudità di strega dalla chioma viva, non ricattabile, che se ne infischia del soldi e della doppia morale, e fornica, e ride. Estranea al femminismo, sta facendo la rivoluzione da sola. Chi la ama, chi la odia fino a trafiggerla in effigie. Ma lo scandalo aumenta: il trio diventa un quartetto, quando Marta diventa anche l'amante di Lucio Magri. Poligama, con luminosa protervia, nata per la felicità propria e altrui. «Avevo tre uomini, ma non tradivo nessuno. Sapevo di potermi moltiplicare».

Affascina in lei la divina noncuranza verso il possesso. Immune da ogni volgarità del tempo nostro. Da ragazzina combatteva coi topi della risaia. Poi è diventata ricca, e non ha accumulato. Mai. Fino all'ultimo ha regalato tutto. Guai a elogiare la sua spilla, il suo foulard: se lo toglieva e te lo dava quasi di forza. Ed era, ciò che più di ogni cosa me la rende cara, infinitamente fregabile. Anche un bambino poteva ingannarla. Tradimenti ne ha subiti tanti, ma non si è mai umiliata con la prudenza, se no dove sarebbe stata l'avventura? Il più bel saluto è il post della nipote, Beatrice Borromeo, in cui Marta si riconosceva per audacia, talento, bellezza: parlava di lei come un trobadour della sua dama. «Addio, nonita mia»: quelle tre parole la restituiscono a tutta la sua tenerezza. Marta era l'amore.     

Le frasi celebri di Marta Marzotto

«Sono un fenomeno. Da baraccone, ma sono un fenomeno». 

«Mio marito mi ha menato, una volta sola. Gli ho detto: non lo rifare più, perché ti uccido».

«Guttuso era molto snob, altro che il cachemire di Bertinotti. L'unica cosa proletaria che avesse ero io».

«La scoperta della vecchiaia!
Chi lo sapeva che era così divertente? Non abbiamo più doveri, solo diritti!».

Eravamo a pranzo al Baretto di  via Senato. Intorno, grandi nomi del giornalismo e della politica. Marta abbassa la voce, poi dice: «A casa mia, al Pincio, si potevano incontrare premi Nobel e galeotti. Qui ci sono solo i galeotti. Se fanno una retata ci andiamo di  mezzo pure noi».

«Cosa dicono di me? Una puttana sì grazie, ricca no grazie, ma non sono una stronza né una snob. Ho 84 anni, un  esercito di figli e nipoti e mi sento  ancora dire "questa puttana"…  In vecchiaia è curioso ma non spiacevole, in fondo».