Finito, chiuso, andata. Stamattina a scuola espongono i quadri con i voti. Esame di terza. Il primo esame della tua vita. Ti dicevi impaurita ma ti ho vista concentrata e serena mentre eri china sui libri, quasi superba nel tuo distacco assorto. Volevo aiutarti. Mi piace quando mi chiedi le cose. Farfugli «spiegami» e io subito m'accendo, nel parlarti del Vietnam ci metto dentro tutto, il femminismo, le contestazioni, Muhammad Alì e allora di colpo ti rabbui, con quell'aria scocciata che indisporrebbe Gandhi, mi zittisci: «Basta mamma, smettila. Lo sai che così mi confondi». Giri le spalle e te ne vai, lasciandomi lì, appesa su una data, come una scema. Il giorno dell'orale ti sei messa la camicetta bianca. Volevo stirartela, mi hai detto «È fatta così». È vero, te l'ho comprata apposta, non proprio stropicciata ma vissuta, così, ho pensato, basta lavarla. Ma per l'esame ti volevo senza pieghe, magari con una coda di cavallo e quelle ballerine che non hai messo mai.

Bella e selvaggia, con quella faccia da ragazza di Gauguin

È da 8 mesi che hai ai piedi solo le Adidas, col sole e con la neve, sotto i jeans skinny e col vestitino a fiori che se non lo compravo sembrava che morissi e poi è rimasto appeso nell'armadio come un ragazzo scaricato al primo giro. Sei bella e selvaggia, con quella faccia da ragazza di Gauguin. La bocca carnosa, gli occhi scurissimi di velluto e vetro, fin da bambina eri capace di posarli sulle cose senza dire niente e risvegliare un senso di inquietudine. Sei silenziosa e altera. Non ti frega niente di piacere alla gente, o forse sì. Ma certo non ti sforzi di «fare la simpatica». Lo sei moltissimo, in verità, ma solo con chi vuoi e quando vuoi, per il resto ti basti. O vuoi farlo credere. Ma io lo so che non è così. Sei la ragazza che avrei voluto essere, con quei capelli che arrivano al sedere, l'aria imbronciata e la gambe magre. Ti sta bene tutto, invece a me non andava bene niente. Ero cicciotta e sgraziata, simpatica però, un po' per indole, più per necessità. Non mi piacevo niente a quell'età.

Io sarò solo una comparsa nel plot della tua vita

Da settembre s'inizia col liceo. E sarai meno mia. Poi, mia per niente. Mentre lo scrivo mi viene da piangere a ripensare a tutte le volte che non ci sono stata dicendomi «domani» e a forza di domani è arrivato «adesso», e adesso presto sarà ieri e non ci sarai più, rapita dalla vita che ti vuole e se ne frega della mamme piagnone. Mi sono stesa sul letto con te l'altra sera, mentre guardavi il soffitto e non so a che pensavi. Ti ho sbaciucchiato come fossi una bambina e mi hai tenuto lì. Non hai pulito la guancia col dorso della mano, non mi hai detto vattene. Forse anche tu hai un po' paura di perdermi. Siamo state un'ora a chiacchierare e ridere, a parlare di scuola e di maschi, di amiche, di vacanze, di te. È stato bello. Eri morbida e lieve, nessuno spigolo. Ancora qualche anno e sarai del mondo. Io solo una comparsa nel plot della tua vita, a tifare per te e guardarti a distanza. Penso alle cose belle che vedrai, alle prime volte. Ma anche alle buche e ai pericoli. Le droghe, gli incidenti, le trappole orribili che tendono i perversi e i coetanei cattivi alle ragazze come te. Mi chiedo come fare a difenderti. Non posso, purtroppo, non abbastanza. Posso solo sperare che sappia farlo tu. E che chi t'incontra sia solo un po' gentile. E che ti meriti.