Anche se mancano ancora i decreti attuativi, dal 5 giugno 2016 è in vigore la Legge Cirinnà che darà finalmente in Italia (che fino a qualche settimana fa era un fanalino di coda in Europa su questo tema) un riconoscimento alle coppie omosessuali e che disciplina unioni civili e coppie di fatto

Le prime unioni si potranno costituire probabilmente dopo l'estate, ma intanto Federnotai, il sindacato dei notai italiani, ha stilato una mini guida utile e chiara per spiegare cosa sono e quali effetti producono le unioni civili e le convivenze di fatto. 

Che differenze ci sono tra unioni civili e coppie di fatto?

Si tratta di due entità profondamente differenti. L'unione civile può intercorrere tra persone dello stesso sesso, maggiorenni, senza rapporti di parentela. Per stipulare un'unione civile si deve rendere una dichiarazione davanti all'Ufficiale dello Stato Civile e a due testimoni: l'atto sarà conservato nei Registri dello Stato Civile. Si può decidere che il cognome di una delle due persone sia comune ad entrambe. 

Le coppie di fatto invece sono costituite da due persone maggiorenni, di sesso uguale o diverso, con legami affettivi di coppia e di assistenza reciproca morale e materiale. Secondo la legge italiana le convivenze non sono documentate in un atto: si deve solo chiedere che i dati di entrambi i conviventi siano inseriti nello stesso Stato di Famiglia. Il cognome di ciascuno dei due resterà invariato.

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Diritti e doveri

Un punto importante è quello che regolamenta i diritti e i doveri, presenti ovviamente in entrambi i casi. Nel caso delle unioni civili entrambe le persone hanno uguali diritti e doveri: sono tenute alla coabitazione e alla reciproca assistenza e devono contribuire ai bisogni comuni. Concordano l'indirizzo della vita familiare e stabiliscono la residenza della famiglia. Con l'atto istitutivo dell'unione civile si instaura il regime di comunione legale dei beni. Si può optare per la separazione dei beni stipulando davanti al notaio e a due testimoni una convenzione matrimoniale, annotata a margine dell'atto istitutivo.

I conviventi invece sono tenuti alla reciproca assistenza e alla coabitazione e possono disciplinare le modalità della contribuzione e della partecipazione alle spese in un contratto di convivenza, che consente di regolare solo diritti di natura patrimoniale.

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Cosa succede quando l'unione finisce?

L'unione civile cessa se una delle due persone muore o se ottiene la rettifica dell'attribuzione di sesso all'anagrafe. Inoltre si possono applicare, se compatibili, le norme in tema di divorzio. La volontà di sciogliere l'unione può essere dichiarata anche separatamente davanti all'Ufficiale dello Stato Civile.

Discorso diverso per i conviventi: il contratto può essere risolto consensualmente e ciascuno dei due conviventi può recedere. Gli effetti cessano anche in caso di morte di uno dei conviventi o se essi si sposano o istituiscono un'unione civile, tra loro o con altre persone.

E se una delle due persone va in ospedale e necessita di cure e assistenza?

Nel caso di unione civile, l'altra persona avrà diritto di visitarla e assisterla, di avere informazioni e di essere consultata in merito alle terapie da somministrare.

I conviventi invece possono designare l'altra persona come amministratore di sostegno e quindi affidargli le decisioni in materia di salute nel caso di perdita della capacità di intendere e di volere, le scelte in materia di donazione di organi e di trattamento del corpo e di celebrazioni funerarie in caso di decesso.

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Eredità, ecco cosa succede

Anche l'eredità è da sempre una questione spinosa: nell'unione civile, la persona superstite avrà diritto ad una quota dell'eredità (variabile in base al concorso con altri parenti della persona defunta). Le sarà comunque riconosciuta - anche in presenza di testamento - una quota ereditaria riservata, e avrà il diritto di abitare per tutta la vita nella casa in cui la coppia risiedeva, se di proprietà del defunto o di entrambi. Avrà inoltre diritto alle indennità previste per il decesso del lavoratore dipendente e di subentrare nel contratto di locazione abitativa stipulato dal defunto.

Discorso completamente diverso anche in questo caso per le convivenze: è possibile subentrare nel contratto di locazione, ma non si ha diritto di ricevere le indennità per cessazione del rapporto di lavoro. Il/la convivente avrà il diritto di abitare nella casa in cui la convivenza si è svolta, per due anni o per il maggior tempo di durata della convivenza stessa, ma per non più di cinque anni. Non ha diritto a quote ereditarie né alle indennità che spettano per il caso di morte del lavoratore dipendente. Infine, spiega Federnotai, l'unico modo per disciplinare la futura eredità dei conviventi è il testamento.