TORMENTONE

«Papà lo sai che «ancora un'altra estate arriverà…e compreremo un altro esame all'università…».

«Ma che cosa stai cantando? Lo sai che gli esami non si comprano?»

«Vorrei ma non posto».

«Basta ci voleva anche la canzone di Fedez e J-Ax, non eravate sufficienti tu e tuo fratello». 

«A fare cosa?»

«A ripetere frasi, battute e gesti in modo ossessivo».

«Il nonno dice che sembro il martello».

«Aggiungo pneumatico che è ancora più fastidioso». 

«Papà mi fa ridere ripetere sempre la stessa frase».

«A me no, mi esaurisce. Mica sei un comico che ha bisogno sempre della stessa battuta per rendersi riconoscibile?»

«Ma non sono io, quella esce dalla bocca da sola». 

«Va bene, ma se senti un urlo non sono io, quello esce dalla bocca da solo».

L'estate è un momento di grandi tormentoni, di canzoni che ti suonano in testa senza che neanche te ne accorga. 

Per qualcuno indovinare il ritornello giusto significa fare una montagna di soldi: GanGnam Style, Waka Waka, ma anche La canzone del capitan Uncino e Vamos a la playa per quelli nostrani. 

 Per me l'arrivo dell'estate corrisponde ad altri tipi di assilli: Cosa faccio fare ai miei figli? Dove andiamo in vacanza? Ho da scendere ancora la panza.

A questi si aggiungono quelli che i miei figli creano spontaneamente, ma non fanno né ridere né divertire. 

Il primo chiodo è: «Che facciamo?», fastidio che si accompagna a piccoli lamenti.

Il secondo tormento è: «Posso giocare col tablet?».

Il terzo più estivo è: «Voglio andare…» a cui segue ogni tipo di richiesta, dal parco giochi al giro nel sottomarino. Insomma una serie di tarli che si fissano in testa e non ti abbandonano mai.

Sono sicuro che ci ne sono altri ben peggiori di questi, vero?

«Papà, ma posso inventare anche io un tormentone?»

«Certo».

«Come si fa?»

«Dammi tre parole: sole, cuore, amore…».

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