La "prima volta"  a scuola (o all'asilo) senza genitori è un momento delicato per i bambini. Se pensate che la scuola italiana esageri in cautele perché siamo mammoni,  leggete che cosa fanno a Berlino.

L'inserimento? Un «incubo kafkiano» che drammatizza un evento «naturale e piacevole» come l'ingresso di un bambino alla scuola dell'infanzia. Se cresciamo figli bamboccioni, spiegava Monica Ricci Sargentini sul blog del Corriere della Sera, è colpa nostra. Colpa di questo «fenomeno tutto italiano» che ci spingerebbe ad allevare bambini come fossero di porcellana. Un fenomeno che in altre parti del mondo, si suppone più civili, semplicemente «non esiste».

Leggevo questo articolo al tredicesimo giorno di inserimento di mio figlio, nascosta tra gli impermeabili anti-neve nel guardaroba del nuovo asilo berlinese. In Germania l'inserimento esiste eccome. Si chiama Eingewöhnung e solo imparare a pronunciarlo è un incubo kafkiano. Ma è una cosa molto seria, codificata da un sistema di regole che i genitori – entrambi i genitori – devono approvare prima dell'ingresso del bambino nella struttura. E la prima regola, in Italia come in Germania, è la stessa: l'inserimento è graduale e il genitore non deve interferire.

Per questo motivo sono stata, nell'ordine: spedita cinque minuti davanti alla porta d'ingresso del Kindergarten; segregata mezz'ora nel guardaroba; reclusa nel caffè antistante fino a nuovo ordine (delle maestre). È il bambino che sceglie quanto a lungo rimanere senza i genitori e quando cominciare a farlo stabilmente. Cinque giorni o venti, dipende da lui.

E così, persino in uno dei Paesi meno bamboccioni al mondo, in quel guardaroba mi trovo in buona compagnia. C'è Marta, la mamma di Olivia, e Jette, la mamma di Anton: mi raccontano che sia in Polonia che in Repubblica Ceca, i loro paesi d'origine, l'inserimento funziona come in Germania. E soprattutto con noi ci sono i papà. «È ora che noi mamme italiane impariamo ad allentare la corda, a essere più leggere», scrive Sargentini. Verissimo. Il problema però non è l'inserimento (se questo primo esercizio di libero arbitrio del bambino vi spaventa, pensate all'adolescenza), ma chi se ne prende carico.

Il fenomeno tutto italiano non è l'inserimento, ma la concezione dell'inserimento come prerogativa esclusiva della mamma. Al giorno 14, io nel guardaroba ci ho mandato il papà. Constatando, con una punta di italica invidia, che è stato molto più bravo di me.