«Bastava uno sguardo. Mentre ero tra i banchi del supermercato. O al bar, bevendo un espresso. Anche aspettando l'autobus e quando facevo benzina sono riuscita a beccare un uomo e a farmi scopare. Subito. Lì, in un parcheggio, in macchina, su una panchina in un parco, oppure portandolo a casa mia, perché no? In una giornata sono arrivata a farmi sbattere – e sottolineo il verbo, perché quello non era fare l'amore – da sette maschi diversi. Giovani, belli, brutti, bianchi, neri, gentili, rudi, colti, rozzi: tutti avevano qualcosa che mi faceva scattare una voglia incontrollabile di fare sesso. Delle conseguenze non mi sono mai preoccupata. L'urgenza di averli sopra, sotto e dentro di me superava ogni ragionamento.

Il desiderio era come un fuoco che mi spingeva verso di loro, verso l'ennesima scopata che quasi sempre mi lasciava insoddisfatta

Ero come un giocatore che non riesce a fermarsi davanti a una slot machine, o che non può alzarsi dal tavolo verde e, anche se non vince mai, ritenta pensando che la volta buona arriverà e prima o poi gli pioverà la fortuna in tasca. Ecco com'ero: per me il miraggio della fortuna si chiamava orgasmo. Sono stata ninfomane. Anche se adesso si dice ipersessuale, il risultato non cambia. Mi sono rovinata la vita per anni. Un uomo mi guardava e volevo andarci a letto. E lo facevo, sempre. Che fossero sconosciuti, o che si dichiarassero amici, per me era chiaro che si approfittavano della situazione: tutti erano ben disposti a possedermi e io non vedevo l'ora che lo facessero.

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Ninfomane per dieci anni, poi la guarigione

La prima volta che ho fatto sesso è stato umiliante: non ne sapevo niente, ero vergine. Avevo 17 anni, lui 20. Non ha creduto che non l'avessi mai fatto: per lui, uomo del Sud arrogante e belloccio, ero solo una facilotta del Nord, una che per forza la sapeva lunga. Non c'è stato affetto, non ci sono stati preliminari, non c'è stato niente che potesse farmi desiderare di ripetere quell'esperienza fredda e inutile. Così, per capire se fossi normale oppure no, e soprattutto per capire se ci fosse qualcosa che in me non andava, ho iniziato ad andare con chi capitava. Bastava che un ragazzo o un uomo fosse gentile, magari che mi offrisse una bibita e chiacchierasse interessandosi a me, e ci andavo a letto. Poi, siccome non provavo niente, andavo con un altro. E poi con un altro, e con un altro ancora.

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Ecco come è cominciata. Poco alla volta, senza rendermene conto, sono diventata insaziabile. Non perché provassi piacere, caso mai il contrario. Ho sviluppato un bisogno continuo di uomini, una vera e propria dipendenza: non scherzo, era davvero così. Come chi mangia in continuazione anche quando lo stomaco non ce la fa più. Poi ho scoperto la masturbazione e ho iniziato a provare orgasmi. Un po' alla volta sono diventata una maestra nel sesso, una bomba erotica. Ma quel fuoco che mi spingeva a cercare uomini uno dietro l'altro non si è spento e mi ha portata, per dieci anni, a vivere situazioni di degrado e a sottopormi a umiliazioni che ora vorrei dimenticare. Ma non è possibile.

Sapevo che il disamore nei confronti di me stessa mi stava avvelenando l'anima, e mi stava facendo scivolare in un abisso

Capivo di non essere normale. Ma non riuscivo a fermarmi, anche se molti degli uomini che incontravo volevano dominarmi, e tanti rapporti erano coercitivi perché questi maschi, appena captavano il mio bisogno di sesso, pretendevano che soddisfacessi tutti i loro desideri, anche i più bassi, volgari, violenti. Ho fatto di tutto. Ero come una prostituta, ma facevo tutto gratis: riuscite a immaginare che manna per un uomo? Fino a quando ho avuto paura. Ho capito che il degrado al quale ero arrivata poteva avere solo un finale tragico. Quando ho immaginato il titolo della mia morte con due righe in cronaca nera: "Giovane donna ammazzata a frustate dall'amante. Era ninfomane, anzi ipersessuale", sono andata in terapia.

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È stata dura, ma ne sono uscita. Ho impiegato tre anni per smettere di disprezzarmi, e per non permettere più a nessuno di farlo. Ho scavato dentro di me, sono andata a fondo nei ricordi di famiglia. Per i miei genitori era la norma mascherare con una facciata di perbenismo ipocrita la realtà di una coppia rancorosa, dedita alla reciproca disistima, quando non alla violenza verbale. L'importante per mia madre e mio padre era che nessuno notasse nulla, ma quando i ricordi sono riaffiorati, ho capito perché la mia indole di bambina docile si sia a un certo punto modificata dando vita a un'altra me, che pensava di ribellarsi attraverso il sesso con chiunque.

La terapia mi ha salvata e mi ha dato sufficiente autostima per incontrare un uomo. Un uomo normale, che non volesse fare sesso dopo un secondo

Poco alla volta, concedendomi e concedendogli del tempo per conoscerlo, mi sono innamorata. Gli ho raccontato tutto di me. È stato faticoso, ma Marco è un uomo intelligente e non mi ha giudicata. Anzi, ha capito quello che avevo vissuto, quanto avevo sofferto. Anche lui per molti anni aveva avuto una donna dietro l'altra, senza amore. Stiamo insieme da tre anni e oggi so che il sesso può essere qualcosa di meccanico e umiliante, oppure un momento di gioia pieno di emozioni, desiderio e fantasia. Il mio passato ora mi sembra davvero lontano.

(testimonianza di Marisa P. raccolta da Anna Tagliacarne)

La parola all'esperto

Cosa spinge una donna alla continua ricerca di sesso con chiunque? Ne parliamo con Nicola Ghezzani, psicologo e psicoterapeuta, autore tra l'altro di L'ombra di Narciso (Franco Angeli), in cui fornisce alcune risposte a questo tema. Come si chiama esattamente il disturbo: ninfomania o ipersessualità? E come ha inizio? «Ninfomania o sex addiction mi sembrano le definizioni più corrette. Il disturbo cela un fondo depressivo, una bassa autostima. Una donna che ne soffre cerca, attraverso l'eros, di sentirsi desiderata e maschera così la depressione, non volendola vedere. Pensa di avere un grande potere controllando tanti uomini: questa è la prima fase, quella narcisistica. Poi entra in campo invece anche la componente masochista». Può spiegarci meglio? «Quando subentra il masochismo, la sottomissione è completa. Non c'è più l'esaltazione sessuale che nasconde la depressione e la donna rischia di incontrare solo para-criminali che possono metterne a rischio l'incolumità». Da dove ha origine questo disturbo? «Nasce dall'odio per la propria femminilità. Viene da una cultura familiare che ha inculcato una fortissima disistima del femminile, trasmettendone un concetto distorto. Le donne che vanno in terapia per risolvere questo problema pensano di odiare gli uomini. In realtà, poi scoprono di odiare la donna che è in loro. Occorrono anni per disseppellire il femminile degradato e il disprezzo verso le donne che è radicato in loro».