Eros e perversione: dove si colloca il confine? Negli Stati Uniti ha suscitato clamore Perv: viaggio nelle nostre perversioni, il libro dello psicologo americano Jesse Bering, che si è preso la briga di contare quelle che sono, secondo lui, tutte le possibili e immaginabili: ben 547. Tra le quali ci sarebbe anche il solletico, la melissofilia (cioè la voglia di esser punti dalle api), e il giocare ai furries, cioè a travestirsi da cartoni animati o da animali per eccitarsi.

Nella realtà quotidiana, nei blog e negli studi di psicologi e sessuologi, le donne chiedono: «Ho voglia di fare l'amore dalla mattina alla sera. Sono una ninfomane?» o «Adoro se il mio compagno mi manda foto piccanti su WhatsApp mentre siamo entrambi in ufficio, mi eccito da pazzi. Sono un po' perversa?». Un tema caldo sul quale si vorrebbero più conferme, come ha dimostrato il successo di Masters of Sex (in onda su Sky Atlantic), quotato da pubblico e critica tra le serie migliori del 2014, e di Sense8, considerata una delle più cool, nella quale si esplora la sessualità in tutte le sue forme, transessualismo compreso. Per non dire di tutti i programmi in onda in tarda serata in chiaro che esplorano il mondo del sesso in tutte le sue forme (dall'università del porno di Rocco Siffredi in avanti).

L'idea che le perversioni siano appannaggio maschile è inesatta: si manifestano anche nelle donne, ma con modalità diverse

Fantasie, giochi erotici: giusto definirli perversioni?

«Io li considererei più… colpi di fortuna, di mente e corpo», commenta Roberta Rossi, presidente della Federazione italiana sessuologia scientifica e docente di Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale all'Università di Roma La Sapienza. «Le donne sono ancora vittime di pregiudizi culturali: nessun uomo si definirebbe perverso perché pensa spesso al sesso. Ed è vero, comunque, che le perversioni sono definite anche in base ai costumi di un'epoca e cambiano col tempo». Così, erano gli anni '80 quando l'omosessualità è stata ufficialmente tolta dai disturbi mentali, mentre in alcuni Stati americani il sesso orale e anale sono ancora vietati dalla legge. «La pedofilia, che ci fa orrore ed è un reato, nell'antica Grecia era considerata una sorta di educazione del fanciullo; in alcune culture rurali i rapporti sessuali con gli animali sono quasi abituali».

Dopo il fenomeno sadomaso delle 50 Sfumature di Grigio – rinverdito da Grey, la storia raccontata dal punto di vista di lui – il tema ritorna anche in chiave più "seria" grazie a un saggio ristampato da Cortina editore: Perversioni femminili, le tentazioni di Emma Bovary. Scritto dalla psicanalista Louise Janet Kaplan nel 1991, è considerato una pietra miliare sull'argomento. Tanto da essere stato fonte di ispirazione per il film Perversioni femminili con Tilda Swinton. L'autrice parte dal romanzo di Gustave Flaubert per spiegare quanto l'idea che le perversioni siano appannaggio maschile è inesatta: si manifestano anche nelle donne, ma con modalità diverse.

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La chiarezza inizia dal significato del termine: cos'è la perversione?

Se desiderio e giochi erotici spinti non lo sono, qual è allora la definizione corretta di perversione? «Per evitare connotazioni morali, oggi si parla di parafilìe, un termine di origine greca che significa attrazione deviata», spiega Roberta Rossi. «Si tratta di comportamenti ripetitivi, rivolti a un oggetto esclusivo, che permettono di provare un piacere sessuale e una forte scarica della tensione, scaturita da un senso di angoscia». Secondo Louise Kaplan, l'individuazione di alcuni comportamenti come perversioni – sadomasochisti, feticisti, travestiti, esibizionisti sono sempre esistiti – sarebbe il frutto della repressione sessuale e il tentativo di dare una risposta alla disgregazione della famiglia borghese cominciata nel XIX secolo, in coincidenza con il cammino verso l'emancipazione delle donne.

Per chi li mette in atto, invece, sono uno strumento per sopravvivere ai traumi dell'infanzia: anche se la persona sente che sta facendo qualcosa di cattivo prova sollievo e non può farne a meno. «Spesso si tratta di un trauma causato da una rottura con la madre per abbandono, morte o violenza, che ha causato in età infantile disperazione e angoscia mai superate», dice Roberta Rossi. «Il bambino non ha più fiducia nelle relazioni e, da adulto, la perversione gli serve a non legarsi dal punto di vista emotivo: anche se avrà rapporti, questi saranno privi, o quasi, di affettività».

Al femminile, spesso nasconde fragilità

Feticismo (il web trabocca di siti specializzati, per esempio piedi femminili più o meno famosi), travestitismo, esibizionismo (l'uomo nudo sotto il trench), voyerismo (lo sporcaccione nel cespuglio che guarda la coppia in auto), masochismo, sadismo: alcuni sono comportamenti diffusi, altri rarissimi, talvolta materiale per cronaca nera o serial tv, che, in genere, hanno per protagonisti uomini. «In effetti, donne voyeriste o che salgono sul bus con l'intento di farsi toccare il sedere esistono, ma sono rare», commenta Roberta Rossi.

Secondo le statistiche, solo l'uno per cento dei casi di perversione citati riguarda le donne, e anche nel caso del masochismo sessuale, considerato un disturbo femminile, la proporzione è di una donna ogni venti uomini. La spiegazione? «Come sottolinea la Kaplan, le perversioni portano all'ennesima potenza gli stereotipi di genere. Al maschile vertono sul concetto di forza, dominazione, virilità. Lo stereotipo che riguarda le donne, invece, è fragilità, debolezza, seduzione: ed è nell'esasperazione della femminilità che vanno cercate le parafilìe».

L'attaccamento alla moda, la collezione infinita di abiti e scarpe, la it bag da avere assolutamente, in fondo sono forme di feticismo soft

Quella spinta irresistibile a cercare gratificazioni

La Kaplan sottolinea che ciò che distingue una perversione «è la sua disperazione e fissità. È interpretata da chi non ha altre scelte, altrimenti sarebbe sopraffatto dall'ansia, dalla depressione o dalle psicosi. Il sesso spinto serve solo a placare i demoni personali». Ma nelle donne le perversioni non sempre si esprimono attraverso la sessualità. L'attaccamento alla moda, la collezione infinita di abiti e scarpe, la it bag da avere assolutamente, in fondo sono forme di feticismo soft.

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Tutte, almeno una volta, abbiamo provato come basta acquistare un rossetto per sentirci meglio. «Lo shopping compulsivo, ripetuto ogni giorno o quasi, con la perdita di controllo sugli acquisti o l'utilizzo nascosto della carta di credito del partner può essere considerato una parafilìa femminile», conferma Roberta Rossi. Ma allora non è che siamo tutte un pochino perverse? «L'origine è la stessa: il bisogno di placare l'angoscia. Ma ciò che conta è la ripetitività e l'esclusività dell'oggetto: non basta darsi allo shopping selvaggio quando si è depresse per essere parafiliache, se no davvero lo saremmo tutte!». 

Non basta sbirciare Youporn, trovare divertente fare sesso con le mani legate da una cravatta o indulgere in fantasie per definirsi perverse

La differenza tra gioco e necessità

La cleptomania, una sorta di upgrade del feticismo, è più diffusa tra le donne che tra gli uomini. Lo stesso vale per l'autolesionismo, che oggi si esprime in molti modi, non solo attraverso tagli e ferite: dalla tricotillomania (tormentarsi e strapparsi i capelli) alla mania per le diete e all'anoressia, fino alla dipendenza dalla chirurgia estetica. Tutte modalità che potenziano gli stereotipi di genere legati al corpo. Un'altra tra le più eclatanti parafilìe al femminile, secondo la Kaplan, è l'asservimento sessuale: l'amore dell'uomo e per l'uomo può diventare il centro dell'esistenza e, pur di non perderlo, si diventa disposte a tutto, anche alla degradazione. Un tipico esempio di asservimento sessuale femminile sarebbe proprio quello di Madame Bovary.

Per gli esperti la perversione può anche essere soft

«Il rapporto sadomaso o il feticismo sono perversioni hard se il piacere deve "per forza" e sempre passare attraverso schemi e modalità obbligatorie, e magari uno dei due partner non è nemmeno felice di partecipare», spiega Rossi. «Si definiscono "soft" se sono uno dei tanti giochi possibili nella coppia o in un'avventura occasionale». Insomma: non basta amare i romanzi erotici, sbirciare Youporn, trovare divertente fare sesso con le mani legate da una cravatta o indulgere in fantasie per definirsi perverse.     

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