Olio di palma: tra petizioni online, battaglie in Parlamento, spot virali per la riabilitazione su tv e web di questo grasso vegetale alimentare «incriminato», è arrivata la sentenza dell'Istituto Superiore di Sanità. Di per sé non è nocivo, anche se, come tutti gli altri grassi saturi, presenta le solite controindicazioni per i rischi cardiovascolari. Ansia rientrata? Non esattamente, perché proprio in questi giorni una nota dell'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, riapre i dubbi: «L'olio di palma, durante i processi di lavorazione, ovvero quando viene portato ad alta temperatura, sviluppa sostanze tossiche che possono causare problemi di salute». E visto che si trova nel 95 per cento dei prodotti da forno, dalle merendine ai biscotti, dai gelati confezionati alle creme spalmabili, in brodi e zuppe (per scoprirlo basta leggere l'etichetta: da dicembre 2014 non è più ammessa la dicitura generica «oli vegetali»), ecco cosa è utile sapere.

1. Perché l'olio di palma è dappertutto?

Mantiene gli snack fragranti e gustosi a lungo. Questo riguarda soprattutto gli alimenti riservati ai bambini che, sempre secondo l'Iss, superano così, di gran lunga, quel 10 per cento indicato come massimo consumo giornaliero di grassi saturi.

Tra i motivi per cui l'olio di palma è sotto accusa, la deforestazione eseguita per fare spazio alla sua coltivazione

2. Gli altri oli indicati come vegetali sono «salutari»?

No. L'olio di cocco contiene l'87 per cento di acidi grassi saturi, l'olio di palma circa il 50. Lo stesso si può dire per l'olio di colza, di cotone o quando si trova la generica dicitura «oli vegetali».

L'olio di palma si trova nel 95 per cento dei prodotti da forno, dalle merendine ai biscotti

3. Quale soluzione dunque?

In risposta alla nota dell'Efsa, l'Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane, che unisce l'80 per cento delle aziende di prodotti da forno, si impegna a «fare nel più breve tempo possibile tutte le scelte necessarie per la massima tutela della salute dei consumatori», spiega il direttore Mario Piccialuti. Ma forse, invece di demonizzare un ingrediente, sarebbe meglio riflettere su cosa e come mangiamo. Riducendo il consumo di prodotti industriali e dando più spazio a quelli freschi, ad esempio. Con meno grassi saturi (tutti) e più polinsaturi (Omega 3 e 6).