Quali sono i primi sintomi della Sla, la malattia neurologica degenerativa che ha colpito Ezio Bosso, il pianista che ha incantato e commosso l'Italia intera durante la seconda serata del festival di Sanremo 2016? Un piede che inciampa, un braccio impacciato. Un movimento impreciso che un giorno diventa un crampo. Si fa viva così e, in tre, al massimo cinque anni, si fa strada in tutti i muscoli del corpo, arrestando persino la deglutizione e la respirazione. Tranne quelli oculari: alla fine il corpo resterà ingabbiato, la mente lucida, gli occhi vigilissimi.

La sclerosi laterale amiotrofica (Sla) è una paralisi progressiva e inesorabile. «Si tratta di una malattia neurodegenerativa rara che interessa il sistema nervoso e vede degenerare, cioè invecchiare a ritmi veloci, le cellule responsabili del movimento: i motoneuroni», spiega Mario Sabatelli, presidente della Commissione scientifica di Aisla, responsabile del Centro SLA del Policlinico Gemelli e dell'associazione Icomm.

«Ci sfuggono ancora oggi le cause della Sla. Anche se la scoperta risale alla seconda metà dell'Ottocento, solo negli ultimi venti anni la tecnologia e la genetica hanno permesso grandi passi nella ricerca, l'unica vera arma nelle nostre mani. In Italia e soprattutto negli Usa si sono ottenute anche raccolte straordinarie grazie alle secchiate d'acqua gelata promosse dalla campagna su Twitter #IceBucketChallenge del 2014 (ma di proporzioni diverse: un milione e 400.000 euro e 100 milioni di dollari, ndr)».

«Il Sistema sanitario nazionale fornisce una macchina utile per respirare, nutrirsi, persino comunicare attraverso gli occhi che, grazie a un laser, si muovono su una tastiera e compongono frasi», continua Sabatelli. Quel che non tutte le Asl riescono a fornire è invece la presenza 24 ore su 24 di un indispensabile infermiere accanto alla macchina.

Le ragioni sono economiche: una macchina costa 10.000 euro, l'assistenza dai 10 ai 20.000 euro al mese. Con la macchina si vive in media tre anni, ma possono diventare anche 20».

In Italia si registrano 5.000 casi, al mondo si ammalano otto persone su 100.000. «La devastazione psicologica è assurda: prigioniero del corpo, sei libero solo con i pensieri. L'incubo peggiore? Morire soffocati».

Il 21 settembre è la Giornata nazionale sulla SLA promossa da Aisla (l'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica): nelle piazze italiane si raccoglieranno fondi, come ogni anno, per sostenere aiuti concreti per l'assistenza ai malati e per finanziare il progetto della prima biobanca nazionale dedicata alla ricerca.

Attiva da 31 anni in 19 regioni, Aisla segue oltre 2.000 pazienti e le loro famiglie con servizi gratuiti come l'assistenza psicologica e fisioterapica a domicilio e altre consulenze.

Ma si potrà mai sconfiggere una malattia dal decorso tanto terribile e inesorabile? Intanto, si mira a diagnosi meno tardive, perché a tutt'oggi mancano biomarcatori diagnostici e la Sla viene diagnosticata sulla base dell'evidenza clinica, ovvero della progressiva perdita di funzioni motorie, e per esclusione, il che impedisce la diagnosi precoce e la tempestività delle cure. Anche se «al momento non esiste una terapia capace di guarire la Sla», spiegano gli esperti di Aisla. «L'unico farmaco approvato è il Riluzolo, che può rallentare la progressione della malattia, più altri farmaci per ridurre i sintomi e ausili per migliorare l'autonomia personale, il movimento e la comunicazione.

Negli ultimi anni le ricerche si sono moltiplicate e la speranza di trovare presto un rimedio definitivo si è fatta più concreta.».