II giorno prima sei al parco, al campetto a giocare a calcio con gli amici, il giorno dopo scopri, fin troppo presto, che la vita può riservare anche brutte sorprese. Leoluca aveva 14 anni quando gli è stato diagnosticato un sarcoma maligno al polpaccio sinistro. Di calci al pallone non se ne sarebbe più parlato. Ma ora, che ha 18 anni e 33 cicli di radioterapia e sette di chemio alle spalle, sorride e fa battute. Dovremmo, con saggio giudizio, farlo anche noi.

Nuove speranze per i più piccoli

Negli ultimi decenni, la sopravvivenza dei bambini malati di tumore (in Italia ogni anno se ne contano circa 2.000, e 250.000 in tutto il mondo: uno dei casi di cui si è parlato molto è stato quello del figlio di Michael Bublé, ora guarito) è passata dal 70 per cento degli anni 1988-1993, all'oltre 80 per cento del periodo 2003-2008. E va sempre meglio: «Siamo riusciti ad arrivare, per alcune forme di leucemia, a un successo del 90 per cento», spiega la professoressa Franca Fagioli, presidente dell'Associazione italiana di Ematologia e oncologia pediatrica. «E questo grazie alla introduzione di trattamenti polichemioterapici e all'analisi di specifici marcatori che ci dicono a che punto è la malattia dopo i primi cicli di chemio. Possiamo così proseguire la cura in modo diversificato per ogni bambino», prosegue la professoressa Fagioli. «Inoltre, al trapianto di cellule staminali ematopoietiche oggi si sono aggiunte nuove strategie di cura, come l'immunoterapia, che utilizza anticorpi monoclonali contro specifiche cellule leucemiche. E nuove terapie, come le Car T cells: disponibili in Italia come farmaco dall'autunno 2018, consentiranno di rendere i linfociti T dei pazienti nuovamente reattivi contro la leucemia».

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I progressi della ricerca scientifica

Un'altra buona notizia divulgata di recente - oltre alla guarigione di un bambino malato di leucemia grazie alla terapia genica al Bambino Gesù di Roma - è che ricercatori di Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Hong Kong e Italia, associando alla chemioterapia alcuni farmaci "intelligenti", capaci di colpire il gene malato secondo la logica della precision medicine, sono riusciti, negli ultimi anni, addirittura a raddoppiare il numero di guarigioni in bambini e adolescenti colpiti da una rara forma di leucemia linfoblastica acuta, la Philadelphia positiva. Altrettanto importante sarebbe riuscire ad aumentare il successo del trapianto di cellule staminali ematopoietiche da un donatore, ovvero quelle che, infuse nel paziente, danno origine a tutte le cellule del sangue, comprese quelle del sistema immunitario.

Gli ultimi studi

A questo obiettivo lavorerà, grazie al progetto Gold for Kids finanziato dalla Fondazione Umberto Veronesi, la dottoressa Claudia Alicata, laureata in Genetica e biologia molecolare all'Università di Roma La Sapienza. Nella sede dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, lo scopo della ricerca sarà utilizzare un metodo innovativo di sequenziamento del dna per analizzare le varianti di particolari geni recettori dei donatori che assicurano un successo maggiore del trapianto. Questo permetterà di stabilire criteri più raffinati per selezionare i possibili donatori, comprendere perché alcuni trapianti non hanno avuto successo e aumentare la percentuale di guarigione dei bambini affetti da leucemie ad alto rischio. Perché l'unico obiettivo possibile a cui mirare è il 100 per cento di guarigioni.

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Una telefonata solidale

Dal 4 al 24 febbraio basta inviare un sms al numero 45540 per sostenere il progetto Gold for Kids, promosso dalla Fondazione Umberto Veronesi (2 euro dal telefono cellulare, 5 dalla rete fissa) per finanziare i costi di gestione e avviamento dei protocolli di cura e la ricerca sulle leucemie infantili. In particolare per trovare cure efficaci contro la leucemia linfoblastica acuta, che rappresenta il 75 per cento dei casi con circa 400 bambini tra i due e cinque anni colpiti ogni anno. Info: goldforkids.fondazioneveronesi.it