Diagnosticare in tempo un'intolleranza alimentare non soltanto è molto importante per vivere meglio, in alcuni casi può anche salvare la vita. Ma su questo argomento spesso c'è molta confusione e si può sbagliare, ad esempio attribuendo erroneamente alcuni problemi di salute (oppure l'aumento di peso) all'intolleranza nei confronti di un determinato alimento, magari dopo essersi sottoposti ad un test non attendibile. Per questo l'imperativo è fare chiarezza (e stare alla larga dalle bufale!).

Cos'è l'intolleranza alimentare

Prima di tutto bisogna fare una distinzione tra allergia alimentare e intolleranza alimentare: quest'ultima infatti, pur presentando sintomi simili a qualli provocati dall'allergia vera e propria (che possono essere gonfiore addominale, diarrea, vomito, dispepsia ma anche rash eritematoso, prurito e orticaria), non è dovuta ad una reazione del sistema immunitario e soprattutto varia in base alla quantità di alimento ingerita.

L'intolleranza alimentare più diffusa è l'intolleranza al lattosio, che interessa il 3-5% dei bambini al di sotto dei 2 anni ma anche individui adulti, e che è dovuta all'assenza di un enzima, il lattasi, capace di digerire il lattosio (che è uno zucchero presente nel latte), ma la sintomatologia si può presentare anche assumendo sostanze contenute in alcuni alimenti come l'istamina (contenuta ad esempio nei pomodori, negli spinaci, nei formaggi stagionati, nel vino e negli alimenti in scatola), la teobromina (presente in cioccolato e tè) oppure la tiramina (che si trova in birra, vino e formaggi stagionati).

Bisogna fare stare attenti ad un altro fattore: ci sono infatti alcuni disturbi a carico dell'apparato gastrointestinale (come il colon irritabile, la divercolite, la gastrite e il reflusso gastroesofageo) che presentano sintomi che possono essere erroneamente attribuiti ad un'intolleranza alimentare per cui, per ottenere una diagnosi corretta e togliersi ogni dubbio, è necessario effettuare tutti i test del caso.

Test intolleranze alimentaripinterest
Getty Images

Test intolleranze alimentari e attendibilità

Avrai sicuramente visto almeno una volta, passando davanti alle vetrine di alcuni esercizi commerciali, un cartello che propone l'esecuzione di test per le intolleranze alimentari come:

  • test di provocazione-neutralizzazione sublinguale
  • kinesiologia applicata
  • test elettrodermici (Vega Test, Sarm Test, Biostrenght Test e varianti)
  • biorisonanza
  • iridologia
  • analisi del capello
  • Pulse Test
  • Strenght Test
  • riflesso cardio auricolare
  • test citotossico
  • dosaggio delle IgG 4

Si tratta però di pratiche che non hanno nessuna validità scientifica: ci mette in guardia la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (portale.fnomceo.it) che lo scorso anno ha pubblicato sul suo sito un documento molto interessante che sbugiarda molte di queste analisi a cui purtroppo fanno ancora ricorso in molti, non tanto per una questione economica quanto per un'apparente semplicità della diagnosi rispetto alla classica trafila ospedaliera.

Quindi sospetti un'intolleranza devi assolutamente rivolgerti solo ed esclusivamente al tuo medico curante, che ti prescriverà una visita con uno specialista. Sarà soltanto lui ad eseguire i test per le intolleranze alimentari in ospedale e, con in mano i risultati, potrà elaborare la diagnosi corretta.

Test intolleranze alimentari come si fa

L'unico test valido per diagnosticare le intolleranze alimentari è il Prick Test: dura una quindicina di minuti e si procede applicando sull'avanbraccio i diversi allergeni, che vengono fatti penetrare nella pelle con delle mini-punture. In questo modo è possibile verificare una reazione immediata. Per svolgere ulteriori indagini, dopo aver ottenuto dei risultati positivi con il Prick Test, viene prescritto anche un test per le intolleranze alimentari da effettuare tramite esami del sangue.

L'intolleranza al lattosio invece può essere ricercata attraverso il Breath Test, o test del respiro, che si effettua soffiando all'interno di provette (per misurare i livelli di idrogeno nell'aria espirata, che sono una spia della fermentazione degli zuccheri non assorbiti nel colon), con una biopsia duodenale e con un esame del sangue specifico.