Andata e ritorno: il mio viaggio nell'amore saffico

Amore tra due donne? A volte capita. Ilaria, giornalista di Gioia! – Prima che Marianna entrasse nella mia vita non avevo mai considerato l'amore di una donna come un'opzione. Avevo 22 anni e sperimentavo, anzi, il saldo controllo del mio potere di seduzione sui maschi. Avevo anche un fidanzato ufficiale, un ingegnere molto fico ma noioso. Finché a una festa ho incrociato lei. Il mio radar era programmato su un altro genere di preda, mi sono limitata a registrare che avevo davanti una bella donna: più grande di me di una decina d'anni, bionda, morbida, luminosa. Lei mi ha messo gli occhi addosso. Non solo in senso metaforico. Era una fotografa professionista e girava tra i tavoli con un apparecchio al collo. Prima del suo sguardo, è stato il suo obiettivo a inseguirmi, accarezzandomi prima da lontano poi sempre più vicino. Quando la festa ha cominciato a scaldarsi non ci ha messo molto ad accorciare le distanze: posata la macchina, s'è dedicata a una marcatura stretta. È stato l'assedio più intrigante di cui sia mai stata oggetto: intelligente, spavalda, imprevedibile come pochi uomini, Marianna sapeva giocare su più tavoli: quello fisico, degli sguardi e dei piccoli sfioramenti, quello delle provocazioni e dell'ironia. Mi ha ubriacata di attenzioni, soprattutto mi ha sfidata. Ricordo solo che a un certo punto della serata ho smesso di pensare in termini di generi e categorie: che importava se la mia seduttrice portava la quarta e una cascata di ricci sulla scollatura? Davanti a me c'era la creatura più incantevole che avessi mai incontrato e lei voleva me. Non ho neanche provato a resisterle: l'ho seguita docilmente ed è stato bello, eccitante, più che con tanti uomini. Soprattutto, nuovo. Archiviato il fidanzato ingegnere, per qualche mese sono stata la sua ragazza, la sua conquista etero, che sfoggiava in giro con orgoglio, che addomesticava la notte: si prendeva affettuosamente gioco di me per la mia inesperienza – io che pensavo di essere piuttosto spigliata. La scuffia è durata quasi sei mesi. Poi, gradualmente, l'euforia della conquista – e della scoperta – si è sfilacciata e il nostro è diventato un rapporto normale, affettuoso, coniugale. Condividevamo ancora una passione bruciante, ma io ero irrequieta e cominciava a mancarmi quel potere magico e facile che esercitavo sui maschi. Con lei non potevo barare: Marianna mi vedeva com'ero, una ragazzina disinibita senza un orizzonte chiaro. Alla fine me ne sono andata io, la compagnia degli uomini mi mancava, in fondo anche a letto. Non ha provato a trattenermi, qualche mese dopo è partita per New York, dove vive tuttora. Non ci siamo mai più riviste o risentite. Io nel frattempo mi sono sposata, ho avuto due figli, mi sono separata e ora ho un nuovo compagno. Non ho più amato una donna. Continuo a essere allergica alle etichette. Mi vedo situata lungo una linea immaginaria che ai due estremi ha un polo "etero" e l'altro "omo". Decisamente dalla parte del primo, ora mi è chiaro, ma pericolosamente vicina al centro.

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Julianne Moore e Annette Bening in una intensa scena del film "I ragazzi stanno bene"

Col tempo ho capito: sono gay e mi piacciono le etero

Imma Battaglia, attivista per i diritti di gay e lesbiche, presidente dell'associazione Di'Gay Project, consigliere comunale a Roma – Non appartengo allo stereotipo di omosessuale che in ogni istante rivendica le proprie inclinazioni. Vivo l'omosessualità come una delle tante scelte della vita, mai definitiva. A un certo punto, anzi, quel vestito mi è stato veramente stretto. Ho avuto amori o tresche con uomini, ma mi nascondevo: quando diventi un soggetto politico, ti sembra di tradire il tuo impegno o di deludere. La prima donna che ho avuto era una compagna di università a Matematica, studiavamo insieme, condividevamo la passione per la pallacanestro e la pallavolo. E io sono tuttora l'unica donna che ha avuto. Non ci pensavo proprio a sedurla, per lei provavo un amore puro, quando la incontravo mi batteva il cuore. Col tempo ho capito che ammiravo la sua libertà: venivo da una famiglia di provincia, vagheggiavo il suo essere di Napoli, più evoluta, libera. Però non l'ho mai desiderata sessualmente: mentre per gli uomini provavo passione fisica, con lei ho veramente fatto esperienza dell'amore platonico, quello con la A maiuscola. Finché non c'è stato quel bacio. Io ero di Portici e lei di Napoli, spesso dormivamo a casa dell'una o dell'altra. Quella volta, con la buonanotte, mi diede anche un bacio e io rimasi sconvolta. Siamo andate avanti tre anni così: ero fidanzata con lei ma anche col mio ragazzo. E anche lei aveva un ragazzo. Non ci siamo mai lasciate veramente, ma quella storia intanto mi aveva segnato, non capivo. Ho cercato una ragazza tra quelle che sapevo essere omosessuali. Col tempo però ho capito che le donne che più mi affascinano sono le eterosessuali, perché hanno da raccontare storie diverse dalla mia. Una donna etero che scopre di provare attrazione per un'altra donna è la cosa più intrigante che ci sia. Mi piace capire insieme a loro che cosa sono io. Per non dire poi che le etero sono sessualmente molto più libere, hanno meno tabù. La vita è bella quando hai curiosità per persone diverse da te: questo è quello che rincorro.

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Cate Blanchett e Mara Rooney sono le protagoniste del film "Carol", tratto da un romanzo di Patricia Highsmith

L'ambivalenza è di tutti noi

Eugenia Romanelli, giornalista e autrice di È scritto nel corpo(Bookme, 2013), storia di amore e passione al femminile – Ci sono storie, anche vere, che spalancano la mente più di qualsiasi tesi. Che c'è meglio di un quadro, un disco, un libro per trasportare nell'immaginario del singolo fruitore un mondo di relazioni nuove, e tra queste l'amore lesbico? In Italia siamo indietro su questo. Ci sarebbe bisogno di più film, più racconti, più programmi tv sul tema dell'amore tra donne, che riempia di pixel questo immaginario così desolato. È anche per questo che ho scritto un romanzo sulla passione travolgente tra due donne, che parla del karma e del corpo: per contribuire a popolare questo immaginario. Credo che l'omosessualità abbia tante motivazioni: è un gusto, un piacere, un vezzo, una questione che ha che fare con la biologia, la psicologia, la curiosità. Da osservatrice, vedo che tante persone, soprattutto tante donne, a un certo punto scoprono dentro di sé dei richiami omosessuali. A cui poi decidono o meno di rispondere. L'ambivalenza fa parte di ciascuno, dipende poi dal coraggio che abbiamo di affrontarla. L'importante è mettersi autenticamente in contatto con noi stessi e con gli altri: si tratti di una persona del tuo stesso sesso o del sesso opposto, la differenza sta nella profondità dell'incontro. Non si parla poi mai della bisessualità, che è il tema del mio libro, l'aspetto delle relazioni che mi incuriosisce di più in assoluto: fare una scelta di partner essendo bisessuali, cioè potendo amare sia uomini che donne è questione ancora più complicata, ricca e interessante.