Care amiche, avete trascorso delle vacanze rilassanti? Io sono ancora in Asia, ma sto già preparando i corsi e i seminari che condurrò nei prossimi 4 mesi in Italia, fino alla fine del 2016. Tra i temi protagonisti dell'autunno c'è la prevenzione dello stress, che è già in agguato tra chi ha appena ripreso il lavoro. Sempre più persone, infatti, «soffrono» il ritorno in azienda come l'immersione in un ambiente tossico, anche perché l'insicurezza che gradualmente si è diffusa a livello economico fa inevitabilmente da amplificatore delle tensioni interne e relazionali. A tutti viene chiesto di dare di più, di alzare l'asticella degli obiettivi e delle performance, di lavorare in tempi accelerati. Concentrandoci su queste analisi si delinea un panorama sfavorevole in cui la speranza del cambiamento dipende sempre da fattori esterni. E ci fa sentire impotenti. Ma siamo sicuri che sia proprio così?

Paura dello stress? Apri gli occhi

In realtà, la vita è stressante per natura. Molti sono convinti che la nostra epoca sia particolarmente dura in questo senso, dimenticando cosa hanno passato i nostri bisnonni, nonni e genitori: guerre, fame, distruzione, morte. L'essere umano nei secoli ha sempre dovuto lottare per trovare qualcosa da mangiare e non diventare a sua volta cibo (o preda) di qualcun altro. Cos'è, allora, lo stress? Se vogliamo dare una risposta scientifica, lo stress è il meccanismo strategico di adattamento a un cambio delle condizioni esterne, quindi è un processo benefico per cui diamo nuove risposte alle nuove richieste che ci arrivano.

Tutto questo avviene, però, solo se il meccanismo funziona. Se non funziona, e quindi ingenera malessere, è perché la capacità di adattamento si è inceppata.

In pratica, quando non riusciamo a rispondere correttamente alle mutate richieste esterne, lo stress si fa eccessivo, cronico, e diventa deleterio sul fronte fisico, psicologico e relazionale. Il punto è che pensiamo che il malfunzionamento sia dovuto solo all'eccesso di richieste esterne, mentre dipende in misura determinante (80-90%, secondo gli studi) dal nostro modo di reagire e rispondere. Ed è qui che possiamo/dobbiamo crearci il nostro margine di libera azione.

La tua gabbia sei tu

Pensiamo di essere «inscatolati» in situazioni di blocco oggettivo (la crisi economica, gli impegni inderogabili, il team sotto organico, i problemi familiari…) ma in realtà siamo ingabbiati in automatismi reattivi non più funzionali al presente. Le abitudini, le convinzioni, persino l'identità (io sono fatta così) che ci siamo costruiti negli anni ci danno sicurezza, ma nel contempo ci infliggono una sorta di disabilità nell'essere fluidi, mutevoli e flessibili. Certo non è facile cambiare il senso di sé. Ma basterebbe trovarlo, questo sé, sotto la coltre di azioni e prestazioni con cui l'abbiamo erroneamente identificato per capire come adattare il nostro comportamento in modo più funzionale ai nostri reali bisogni e, di conseguenza, al nostro concreto benessere.

Guardiamoci dentro e cerchiamo di capire su quale terreno stressogeno interno le richieste esterne fanno presa.

Siamo perfezionisti? Siamo insicure e bisognose dell'approvazione degli altri? Siamo delle vincenti sempre in competizione? Ogni pattern egoico crea una rete che ci avvolge fino ad intrappolarci. Solo identificandola possiamo capire quali sono gli automatismi mentali e comportamentali che ci inducono a reagire in modo stressogeno davanti a svariati input. E quali sono i software di risposta, le abitudini più funzionali che, una volta smontate le rigidità interne, possiamo installare in modo da vivere meglio.

Individua il modello da disinstallare

Il punto, quindi, non è cambiare la condizioni esterne – questo è un altro tema che affronteremo più avanti - ma i propri pattern interni, disgregando quelli che la psicologica buddista identifica come i 6 modelli di ego (i 6 regni o universi personali) in cui affondano le radici dello stress. Ve li riassumo molto brevemente e vi do, per ognuno, uno spunto di dura (ma necessaria) riflessione.

1) Ego perfezionista: fai tutto benissimo, sei davvero in gamba (tutti lo pensano, tutti lo dicono) e non sopporti l'approssimazione. Se sbagli ti metti sotto giudizio, vivi l'errore come un fallimento, l'incompetenza come una vergogna. Cultura, bellezza e raffinatezza sono una costante nella tua vita. Viva l'eccellenza! A che prezzo? Prova a chiederti: conta di più la perfezione o il risultato? Se rispondi che sono la stessa cosa, hai trovato il tuo nodo.

2) Ego competitivo: pensi in termini di confronto, vivi sfidando (se voglio qualcosa, lo faccio!) e ti senti sempre in competizione, prima di tutto con te stessa, e poi con i colleghi, gli amici, le situazioni. Trovi il tuo senso confrontandoti con gli altri e valutandoti in termini di diverso/uguale, più/meno, giusto/sbagliato. Corri, corri, corri. Verso cosa? Prova a chiederti se esiste un modo di pensare (e di pensarti) senza giudicare, senza dare un voto, senza paragonare. E, soprattutto, se riesci a trovarti un senso senza cercarlo nel confronto con qualcun altro.

3) Ego insicuro: dai molta importanza alle relazioni, ti occupi/preoccupi degli altri, li accudisci, cerchi di essere utile e stai molto meglio in compagnia che da sola. Dai generosamente la tua disponibilità e il tuo aiuto, ma spesso ti sembra di non ricevere in cambio nulla, quindi ti senti delusa. Chiediti: perché ho bisogno di cercare negli altri il mio valore? Che cosa mi manca?

4) Ego statico: l'attaccamento alla sicurezza t'induce al ristagno. Anche se desideri profondamente cambiare, l'inerzia ti ancora allo stato in cui sei e continui a fare le stesse cose pur lamentandotene interiormente o apertamente. Prova a chiederti se non ti sta identificando con questo star male, se non sei diventata dipendente al punto da sentire che, se cambi, perdi una parte di te.

5) Ego affamato: non importa quanto hai accumulato, quanti riconoscimenti hai avuto, quanto potere dai sviluppato, quanto cibo hai mangiato…c'è sempre qualcos'altro da possedere, ingerire, conoscere. Ma a cosa serve se, poi, rimane sempre uno spazio vuoto dentro di te?

6) Ego in allerta: stai sul chi va là, perché non si sa mai cosa c'è dietro l'angolo e cosa si nasconde sotto la facciata. Anche il successo può riservare brutte sorprese e, in ogni situazione, c'è sempre qualcosa di oscuro, di sconosciuto, da cui doversi riparare. A volte provi rabbia, risentimento per chi passa le giornate irresponsabilmente, senza preoccuparsi di nulla. Mica come te, che resti sempre sulla difensiva. Chiediti: potresti rilassarti stando seduta sul bordo di un baratro? Forse conviene cambiare posizione.

Ti ritrovi in uno o più di questi pattern? Hai fatto il primo passo! Si parte sempre da una presa di consapevolezza per cambiare le cose! Ora lascia che questa consapevolezza lavori nella tua coscienza. Senza pensarci troppo, tienila semplicemente con te per tutta la settimana. E nella prossima lezione ti dirò come usarla per proteggerti dallo stress lavorativo e familiare.

Buona settimana, con Amore,

Grazia

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Grazia Pallagrosi

Grazia Pallagrosi, giornalista e insegnante di Mindfulness, vive tra l'Italia e la Thailandia, dove conduce ritiri di meditazione e riequilibrio psicofisico.