Care amiche,

molti hanno espresso a se stessi, per quest'anno, il proposito di volersi più bene e quindi di trovare il tempo per meditare e raggiungere quel profondo benessere che nasce da una mente ben addestrata e un cuore sereno! Purtroppo, soprattutto nei principianti, il proposito spesso rimane tale perché ai primi ostacoli (il tempo che manca, l'incapacità di stare fermi, i troppi pensieri…) si getta la spugna e si torna a recitare il solito copione: quello in cui si pensa di essere protagonisti della propria vita ma, invece, si è solo comparse in un film diretto da altri.

Volevo quindi darvi alcune dritte per imbracciare con agio e sicurezza il timone del vostro cammino evolutivo, e trasformare la meditazione nel vostro miglior alleato superando gli ostacoli che facilmente può ingenerare. Una premessa: nella tradizione psicofilosofica della Mindfulness meditare non equivale a riflettere (come avviene in altre tradizioni) e tanto meno significa 'sforzarsi di non pensare', perché la mente – che viene considerata un organo di senso – non può non pensare così come le orecchie non possono non sentire.

Meditare è osservare con calma accogliente e non giudicante tutto quello che avviene dentro di noi a livello di sensazioni, percezioni, pensieri, emozioni, stati d'animo, coscienza.

Ed è un'attività che aborre la fatica! Non bisogna sforzarsi, anzi: meditare è impegno in assenza di sforzo. L'impegno è quello della diligenza: indipendentemente da quanto tempo hai o da cosa è successo o sta succedendo, sai che ogni giorno ti siedi in ascolto e osservazione di te stessa per almeno 10 minuti. E su questo non ci piove. È la cosa più importante della giornata, per lo meno finché la tua mente non sarà abbastanza addestrata da vivere in stato meditativo tutte le azioni del quotidiano: lavarsi, mangiare, bere una tazza di tè, lavare i piatti, rispondere al telefono, rispondere alle lamentele di tua figlia…

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L'assenza di sforzo inoltre sta nella non-fatica che la pratica deve ingenerare: giorno dopo giorno, grazie alla diligenza nella ripetizione, quello che all'inizio è un 'voglio meditare' pian piano diventa un 'desidero meditare', perché la mente e il corpo si innamorano di quello stato di calma serena di cui si gode meditando.

Certo, ci sono degli ostacoli. Vediamo come superarli.

1. Ti sembra di non ottenere nulla e non migliorare affatto…

Spesso per 'meditazione' si intende rilassamento e calma mentale ma il reale significato della parola originaria (bhàvana in sanscrito) è 'educazione', esercizio, addestramento. Tutti educhiamo la nostra mente, ma generalmente lo facciamo in modo inconsapevole: quando ci lasciamo trascinare di qua e di là dai nostri pensieri come un cane che rincorre un bastone, beh, stiamo educando la mente ad essere il nostro burattinaio. La qualità della tua vita rispecchia il modo in cui hai addestrato la tua mente fino ad ora. Chi è il burattinaio? Se, meditando, ti sembra di non ottenere nulla, stai incontrando il tuo burattinaio. Ed è una conoscenza importante: la prima, indispensabile a proseguire. L'antidoto a queste sensazioni sgradevoli (tra fallimento e incapacità) è la costanza: più ripeti la pratica, più ti sentirai meglio e in fretta svaniranno.

2. Ti senti a disagio (fisico o mentale) durante la pratica…

Non rimanere sorpresa/o, è normale all'inizio. Puoi considerare le tensioni, la voglia di muoverti, la noia, il senso di fastidio, l'insofferenza e tutti i segnali di disagio corporeo (prurito, dolore, formicolio…) come un'opportunità per diventare consapevole di quanto sei condizionata dalla mente: nel momento in cui tenti di tenerla al guinzaglio, lei ti mette i bastoni tra le ruote. Osserva i disagi uno per uno e ripetine il nome mentalmente, più volte: se ripeti silenziosamente 'questo prurito…questo prurito... questo prurito… vedrai che in pochi secondi il prurito scomparirà! Se ripeti dentro di te 'questo dolore, questo dolore, questo dolore….vedrai che scomparirà! Era solo un tentativo di auto-boicottaggio! Ogni volta che lo riconosci, lo nomini e lo accogli, ne smascheri uno. Ogni volta che ne smascheri uno, i tuoi automatismi diventano più deboli e tu ti rafforzi.

3. Durante le pratiche di rilassamento non ti rilassi e non riesci a concentrarti…

Se lasci che tutto il giorno la mente ceda con noncuranza all'agitazione o al torpore non puoi pretendere che durante le pratiche formali tutto si risolva. Sarebbe come pretendere di dimagrire facendo una colazione sana e poi abbuffandosi per il resto della giornata. Quindi, installa sul tuo telefonino l'applicazione della campana di consapevolezza (Mindfulness bell) e, ogni volta che suona, staccati dal pc o da qualsiasi cosa tu stia facendo e guarda da un'altra parte. Poi prendi tre profondi respiri e rimettiti in contatto con te stessa chiedendoti: che sensazioni sta provando il mio corpo? In che postura è? In che stato d'animo mi trovo? Che emozioni sto provando? Piacevoli, spiacevoli o neutre? Che pensieri stavo pensando quando è suonata la campana? Piacevoli, spiacevoli o neutri?

4. Stai talmente bene quando pratichi che non vorresti mai smettere e fai molta fatica a tornare alle normali rotture di scatole...

Alcuni finiscono per sviluppare attaccamento alla sensazione di calma data dalle pratiche e quando entrano nel loro angolo di serenità non vorrebbero abbandonarlo mai. Questo può produrre insofferenza o indifferenza apatica verso il mondo 'normale' e far sì che la meditazione diventi una sorta di Prozac o Valium. In realtà, il vero scopo della pratica è liberarsi dalle due principali cause di infelicità: l'avversione e l'attaccamento. Nel quarto stadio - il più elevato - degli assorbimenti meditativi (Jhana) si raggiunge la libertà da felicità e infelicità, e si resta solamente con l'equanimità e la consapevolezza. A partire da questo stadio si possono sviluppare poteri sovrannaturali e, anche senza arrivare a tanto, si torna padroni delle proprie facoltà intuitive e di un'intelligenza che va ben oltre i condizionamenti dell'intelletto e la rigidità delle opinioni personali. Il non-attaccamento è la porta verso l'espansione massima di se stessi. Al contrario, l'evitamento è disfunzionale al benessere, così come l'apaticità o il desiderio di 'vivere fuori dal mondo' non segnalano l'avvicinarsi alla meta di una felicità stabile. Se senti questo bisogno di isolamento, parlane con il tuo/la tua insegnante.

Se avete altre difficoltà, se incontrate altri problemi che ostacolano il vostro desiderio di praticare con costanza, scrivetemi e chiedete.

Vi aspetto!

Con Amore,

Grazia

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Grazia Pallagrosi, meditazione mindfulnesspinterest

Grazia Pallagrosi, giornalista e insegnante di Mindfulness, vive tra l'Italia e la Thailandia, dove conduce ritiri di meditazione e riequilibrio psicofisico.