Hai mai pensato alla faccia che fai quando guardi una mamma che allatta al seno un bambino? Riesci a immaginarti quella che faresti se al posto di un neonato tra le braccia della madre ci fosse un bimbo più grande, un bambino che anche visto di sfuggita potrebbe tranquillamente andare a scuola? Quelle espressioni di tenerezza, stupore, interesse, giudizio le ha tutte catalogante in uno speciale cassetto della sua memoria Lisa Bridger, una mamma australiana che ha raccontato al dailymail.co.uk la sua storia un po' speciale che l'ha portata ad allattare al seno suo figlio, anche se ha 7 anni. Mamma di 5 bambini, quando Chase aveva solo 6 mesi ha capito avere qualcosa di diverso «Detestava stare legato in passeggino e non amava le coccole ma quando lo allattavo al seno era il bambino più sereno del mondo». Da quella che era una sensazione di mamma a oggi sono passati circa 7 anni, a Chase è stato diagnosticato l'autismo e a oggi viene ancora allattato al seno. Per Lisa prolungare l'allattamento in un primo momento ha significato entrare in contatto con lui quando non riusciva a costruire relazioni, dargli sicurezza, e poi è diventata una scelta e un'abitudine «Come faccio a dirgli di no». Una scelta difficile da comprendere per chi la guarda dall'esterno che ha portato a Lisa diverse critiche e "occhi addosso" che la mettono a disagio certo, ma non la distolgono dalla sua priorità, ovvero far star meglio suo figlio «È difficile che lo chieda in pubblico ma se ha un crollo per me quella è la priorità». Allattare al seno suo figlio di sette anni non è il suo unico metodo per calmarlo, naturalmente, hanno preso animali domestici, messo a punto tecniche di respirazione e altre strategie ma fino a quando stringerlo a sé sarà la cosa migliore per lui, Lisa Bridger è disposta a farlo.

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Julie Johnson / Unsplash.com

Una storia limite quella di Lisa Bridger ma che non può che riaprire un tema, quello dell'allattamento al seno, di cui si parla ma sempre troppo poco, come diritto sia nel farlo, dove e per quanto tempo si vuole, sia nel non farlo per niente. Scienza da una parte, relazione dall'altra. L'Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda l'allattamento al seno esclusivo (cioè senza che il bambino ingerisca nessun altro liquido o solido) per sei mesi e poi continua l'allattamento al seno combinato con cibi solidi per due anni o fino a quando la madre e il bambino desiderano ma quando è giusto fermarsi? Quando bisognerebbe smettere di allattare al seno? «Va stimolato l’allattamento al seno, ma la mamma lo deve desiderare, inoltre va aiutata a perseguire un ritmo adeguato in rapporto sia alle necessità biologiche, sia alla crescita del bambino e sia ad un rapporto ottimale madre-bambino che favorisca una evoluzione normale del processo di separazione-individuazione» scrive Roberto Carlo Russo, pediatra e neuropsichiatra infantile, su milanopiusociale.it, sottolineando come ««una giusta e progressiva regolamentazione dei pasti prepara il bambino ad affrontare le difficoltà del periodo successivo (12-24 mese) ricco di interessi, di nuove conquiste, ma anche di limitazioni e di frustrazioni. Permanere in una situazione di completa dipendenza materna tramite una eccessiva frequente alimentazione al seno non prepara il bambino ad affrontare la presa in carico della propria individualità e desiderio di affermazione nel corso del secondo anno di vita».

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Caroline Hernandez / Unsplash.com

Un tema controverso quello dell'allattamento al seno, che va al di là di quanto dice la bibliografia scientifica incontrandosi, forse non proprio a metà strada, con la vita delle mamme e dei loro bambini. Ne abbiamo incontrata qualcuna e tra queste c'è che non sa quando smetterà di allattare al seno, chi ha smesso e chi proprio non ha mai iniziato.

Sara, 37 anni: Ho sempre pensato che non si è 'più mamma' o 'meno mamma' in base alla scelta o meno di allattare; ognuna di noi ha un percorso e una storia diversa e unica tanto quanto è unico il rapporto con il proprio bambino. Per me la scelta di allattare è stata naturale e semplice e per questo non mi sono mai sentita in imbarazzo o limitata nel farlo. Le mie due bambine sono molto diverse tra loro e così anche la mia esperienza di allattamento. Con Greta inizialmente è stata quasi una questione di principio. È nata prematura con il taglio cesareo e io sentivo il bisogno di tenerla vicino, di recuperare quei giorni che le mancavano 'dentro la pancia'. Lei in cambio cresceva e trovava conforto e serenità. Così dal mio punto di vista privilegiato l'ho vista crescere e diventare autonoma. Intorno all'anno e mezzo ho pensato che fosse arrivato il momento di smettere, ero incinta e per me era diventato faticoso, ci ho pensato molto ma così come è stato naturale iniziare così lo è stato smettere e abbiamo sostituito il momento 'tetta' con momenti di intimità ed esclusività come leggere abbracciate una bella storia prima di addormentarci. Ora ho il privilegio di allattare anche la mia seconda bambina. Mi sembra quasi più facile. Emma ne sente il bisogno per mangiare e non sempre ha una funzione calmante e consolatoria. Nel turbinio di una vita con una sorella maggiore abbiamo il nostro momento speciale e intimo, impariamo a conoscerci, capiamo i nostri stati d'animo e i nostri bisogni, ci fermiamo un attimo per la nostra dose di serenità. Ora ha 5 mesi e mezzo e ci affacciamo al momento dell'introduzione delle pappe, il termine svezzamento lo trovo improprio. Emma è pronta, è incuriosita dal cibo e incomincia a stare seduta, io un po' meno perché, anche se so che continuerò ad allattarla, verrà meno quella magia di dipendere l'una dall'altra in maniera esclusiva. Resterà quella sensazione di abbandono del loro corpo tra le mie braccia; quella manina appoggiata sul cuore; l'intimità unica di due respiri che diventano uno; la serenità di quel momento che lascia fuori il resto del mondo; gli occhi che si incrociano e gli sguardi che si fondono; il corpo che risponde a un bisogno prima ancora che sia la testa a dirgli come fare; la forza della vita che alimenta il corpo e lo spirito. Dimenticheremo in fretta le pelli sudaticce; le fughe in bagno per riempire il reggiseno di carta igienica e contenere il latte che fiorisce nel momento meno opportuno; le docce calde e gli impacchi per sciogliere gli ingorghi; i risvegli notturni ogni ora che sarà sete, fame, un brutto sogno, una coccola, un pensiero felice, un dentino... non importa perché ogni scusa è buona per ciucciare un pochino.

Lara, 37 anni: Ho allattato circa tre settimane e poi ho dovuto sospendere poiché per motivi di salute ho iniziato ad assumere farmaci. Ma non ho vissuto l’interruzione come una privazione perché fin dall’inizio della gravidanza avevo mantenuto un atteggiamento di apertura verso tutti i tipi di allattamento. Sicuramente l’allattamento al seno ha regalato a me e alla mia bambina momenti di grande dolcezza: è magico quanto realizzi che basta un semplice tocco o una carezza per far riprendere la suzione quando tua figlia si appisola, una specie di conversazione primordiale tra te e lei! Ma ho accolto serenamente il biberon: sapere che anche in mia assenza poteva mangiare tra le braccia del papà o della nonna era tranquillizzante e lei ha accettato di buon grado il biberon fin dalla prima volta. Inoltre, il biberon mi ha permesso di regolarizzare maggiormente le poppate, il sonno e quindi ritmi meno stancanti anche per me.

Elena, 37 anni: Prima dell'arrivo di Alice non sapevo niente di allattamento e storcevo il naso nel sentire (perché sono talmente rare che non le vedi) che mamme potessero allattare bambini più del primo anno di vita e consideravo la lega del latte un gruppo di mamme hippy che ti obbligano ad allattare. Poi, in gravidanza, mi sono informata in rete c'è tutto, compreso i numeri telefono, e le "matte" si sono invece rivelate persone meravigliose che ti aiutano in una cosa che non per tutte viene naturale. Da quell'incontro è iniziata la mia avventura che sta continuando e continuerà fino a quando lo decideremo io e Alice che oggi ha 1 anno e 3 mesi. Allattare al seno non è solo nutrimento è molto di più ed è il modo migliore per stoppare tutto il mondo intorno ed entrare in sintonia e parlarsi con gli occhi con il sorriso con il tatto. I bambini sono sottoposti a tantissimi impulsi nuovi e sono impegnati a crescere, scoprire, correre, fare e disfare quando si attaccano al seno però si fermano e ti guardano così intensamente che ti sembra che ti leggano nel pensiero, e tu leggi il loro e tutte e due pensate che le cose importanti poi alla fine sono quelle uno sguardo, un sorriso, un abbraccio e imparate che ci sarà sempre un posto dove sentirsi al sicuro. Io lo chiamo il pit stop. Alice si attacca mi guarda si riaggiusta e riparte alla scoperta del mondo.

Elisa, 36 anni: prima che nascesse pensavo mi sarei tirata il latte in realtà non è una cosa che ha funzionato per noi e quindi allatto Emma al seno e lo farò più o meno fino all'anno. Un po' perché le ostetriche e i medici te lo consigliano, un po' perché dopo essermi informata mi sono tranquillizzata su quello che a Emma può servire, sia a livello nutrizionale sia come anticorpi, per affrontare il mondo al meglio. Abbiamo fatto lo svezzamento quando era giusto farlo e senza nessun problema e oggi che ha 8 mesi e mezzo la allatto 3 volte al giorno, la mattina, la merenda del pomeriggio e la buona notte. Una scelta impegnativa perché significa che io non posso dormire lontano da lei finché voglio andare avanti ad allattarla ma è una responsabilità che ho scelto di prendermi e lo faccio sia perché è una cosa che a lei piace tantissimo, è proprio felice quando si attacca al seno, sia perché piace anche a me come momento di coccola esclusivo. È innegabile poi come la calmi, soprattutto quando è molto stanca prima di andare a dormire la sera. A settembre avrà 11 mesi e inizierà il nido. Penso che per tutto l'inverno, essendo quello un passo molto importante per i bimbi oltre che uno stress per il suo sistema immunitario, continuerò ad allattarla, poi vedremo.

Monica, 33 anni: Al corso preparto ci avevano fatto una sorta di terrorismo psicologico su quanto fosse fondamentale l'allattamento al seno snocciolando numeri e statistiche su quanto sia solo un'abitudine dei paesi occidentalizzati ricorrere al latte artificiale bollandolo come una pigrizia di mamme degeneri, viziate che non desideravano soffrire, vedere il proprio seno svuotarsi o basare la propria routine intorno ai bisogno e agli orari dei propri figli. Così, quando è nato Leonardo e il latte non è arrivato, la frustrazione è arrivata inesorabile insieme alle voci reali e apparenti delle ostetriche in ospedale e al consultorio. Ci ho provato in tutti i modi, notti intere a piangere a schiacchiare il seno fino all'esaurimento finché non ho fatto pace con me stessa e con quello che gli altri si aspettavano da me. Non è un seno a creare sintonia e complicità con il proprio figlio, non è un biberon a spezzare o ridimensionare il legame più istintivo e potente che ci sia in natura.

Mirela, 40 anni: Da mamma di 3 figli posso dire che il contatto che una madre ha con il piccolo attraverso il momento dell'allattamento è unico e irripetibile. Io ho allattato i miei con grande piacere: la mia prima bimba fino a 10 mesi così come uno dei gemelli maschio mentre il fratello l'ho allattato i primi 4 mesi. Nei primi due casi ho smesso a 10 mesi perché non avevo più latte mentre per il più piccolo non bastava e dovevo integrarlo con l'artificiale. A 4 mesi abbiamo quindi pensato che fosse più semplice per tutti passare direttamente al biberon. Idealmente mi sarebbe piaciuto portare avanti l'allattamento fino a 1 anno un tempo che consideravo giusto per poi lasciare "libero" il bambino di sviluppare la sua indipendenza emozionale e fisica. Ma è andata così. Ogni mamma è diversa, come è diverso ogni bambino al quale ci dobbiamo adattare e far adattare a noi, al carattere, personalità ed emotività.